“Perché ci siamo occupati di Charlie? Non per pubblicità, come qualcuno ha affermato, ma perché dopo la telefonata della mamma ho capito che c’era una domanda vera di aiutarli ad avere una speranza”. Mariella Enoc, presidente dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, ha spiegato ieri pomeriggio in conferenza stampa le ragioni che hanno spinto il nosocomio a rispondere all’appello della famiglia del piccolo per cercare di offrirgli un’ulteriore opportunità di cura attraverso il protocollo sperimentale proposto dal professor Michio Hirano.
“L’abbiamo fatto per Charlie – spiega – come lo facciamo per i tanti bambini del mondo ricoverati qui in condizioni gravi, in questa area grigia, come la definì il cardinale Martini, in cui non si sa bene cosa fare. E l’abbiamo fatto in modo laico”. L’epilogo purtroppo è stato tragico, ma rimane un’eredità: “Per la prima volta su un singolo paziente si è mossa la comunità scientifica internazionale per valutare concretamente e fino in fondo la possibilità di cura” e questo mettersi in rete “e lavorare a stretto contatto” per un malato, secondo Enoc “rappresenta un precedente che darà più forza a tutti i Charlie che verranno”. Questa, assicura, “è la vera eredità del caso Charlie: l’impegno a sviluppare concretamente un modello di medicina personalizzata”. “Valeva la pena fare tutto ciò che abbiamo fatto, trainati dalla forza di Charlie e dei suoi splendidi genitori, dalla forza della condivisione del percorso di cura con la famiglia, dalla forza dell’alleanza tra i clinici, la famiglia e il paziente”.
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