“L’abbiamo fatto per Charlie – spiega – come lo facciamo per i tanti bambini del mondo ricoverati qui in condizioni gravi, in questa area grigia, come la definì il cardinale Martini, in cui non si sa bene cosa fare. E l’abbiamo fatto in modo laico”. L’epilogo purtroppo è stato tragico, ma rimane un’eredità: “Per la prima volta su un singolo paziente si è mossa la comunità scientifica internazionale per valutare concretamente e fino in fondo la possibilità di cura” e questo mettersi in rete “e lavorare a stretto contatto” per un malato, secondo Enoc “rappresenta un precedente che darà più forza a tutti i Charlie che verranno”. Questa, assicura, “è la vera eredità del caso Charlie: l’impegno a sviluppare concretamente un modello di medicina personalizzata”. “Valeva la pena fare tutto ciò che abbiamo fatto, trainati dalla forza di Charlie e dei suoi splendidi genitori, dalla forza della condivisione del percorso di cura con la famiglia, dalla forza dell’alleanza tra i clinici, la famiglia e il paziente”.