Oggi è il giorno di padre Jacques Hamel. Erano appena passate le nove di mattina, il 26 luglio di un anno fa, quando due ragazzi, armati di coltelli, fanno irruzione nella chiesa Saint-Etienne a Saint-Etienne-du-Rouvray, a sud di Rouen, in Normandia. Il sacerdote stava celebrando una messa per l’anniversario di matrimonio di una anziana coppia. Per 50 minuti i due ragazzi tengono in ostaggio le poche persone presenti nella chiesa, si fanno riprendere al cellulare mentre feriscono gravemente un uomo e sgozzano il sacerdote. Quando le teste di cuoio irrompono nella chiesa, i due ragazzi vengono uccisi. Si saprà dopo che erano affiliati allo Stato Islamico e si chiamavano Adel Kermiche e Abdel Malik Petitjean. Nell’anno appena trascorso, la fama di santità di padre Hamel si è diffusa in tutta la Francia: la sua tomba è oggi meta di un vero e proprio pellegrinaggio. In aprile il vescovo, mons. Dominique Lebrun, ha annunciato l’apertura del processo di beatificazione e per il primo anniversario della sua morte, celebrerà una messa nella chiesa del sacerdote alla quale parteciperà anche il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. “È oggi per noi un giorno di memoria e di raccoglimento”, racconta al Sir il vicario generale della diocesi di Rouen, padre Philippe Maheut. “Vivremo in un certo modo ciò che è accaduto un anno fa. Abbiamo infatti scelto di celebrare la messa alle 9, l’ora in cui padre Hamel celebrava la messa il giorno in cui è stato assassinato”.
Padre Maheut, ci racconti come è andata questo primo anno dalla morte di padre Hamel. Come ne è uscita la città di Rouen da questo evento così drammatico?
È stato un anno certamente ricco. Un anno, come dice spesso il nostro vescovo, di ombre e di luci. Le ombre sono quelle della sofferenza, dell’incomprensione, dell’ingiustizia. Le luci sono tutte quelle persone, uomini e donne, che si sono strette a noi, si sono fatte prossime con gli altri e promotrici d’iniziative di dialogo e di pace.
L’anniversario della morte di padre Hamel sarà quindi un momento di lutto ma anche un’occasione per rileggere gli avvenimenti chi si sono susseguiti e cogliere in essi ciò che è luminoso, i frutti del suo martirio.
È stato un momento scioccante. Due ragazzi pieni di odio sono entrati in una chiesa e hanno sgozzato un anziano prete, sequestrato un piccolo gruppo di persone, ferito gravemente un uomo. L’odio purtroppo chiama odio. Come ha reagito la Chiesa di Rouen?
Nessuno ha mai chiesto vendetta ma sempre il coraggio dell’amore e del perdono. È la risposta dei cristiani all’odio.
Tra le parole più forti, che abbiamo sentito quest’anno, ci sono quelle pronunciate dal responsabile della comunità musulmana della città: “Avevamo paura – ha detto – che i cristiani non ci potessero più amare, e invece abbiamo constato che non solo continuano ad amarci ma l’assassinio di padre Hamel, ha permesso ai cristiani e ai musulmani di avvicinarsi tra loro ancora di più”.
Chi era padre Hamel?
Era un sacerdote semplicissimo. Molto umile, molto discreto. Era senza dubbio, tra i sacerdoti della diocesi, quello che parlava meno.
E questo mette in evidenza, a mio parere, il ministero quotidiano del prete: siamo, infatti, tutti rimasti molto colpiti dalle numerose testimonianze che abbiamo ricevuto in questo anno dalle persone. Da chi padre Hamel aveva sposato, o battezzato i figli, o celebrato un funerale. E nella vita di tutte queste persone, padre Hamel aveva un posto importante. Da queste semplici testimonianze, ci si rende conto di chi sono i sacerdoti e che posto hanno nel cuore delle persone: l’assassinio di padre Hamel lo ha messo in luce.
Si è da poco aperto il processo di beatificazione. Papa Francesco è stato il primo a dire di padre Hamel: “Dobbiamo pregarlo: è un martire! E i martiri sono beati”. Quale tipo di santità ha messo in luce padre Hamel, visto che era un sacerdote semplicissimo, un prete che faceva semplicemente una vita da prete?
A mio avviso, è la santità del quotidiano. Che significa essere fedeli a ciò che si fa giorno per giorno e cercare di farlo bene. La santità è una meta e una chiamata per tutti. Non può essere relegata unicamente a persone che compiono gesti straordinari. Ci sono santi che hanno fatto cose straordinarie. Ma ci sono anche figure, come padre Hamel, che rappresentano oggi una santità del quotidiano, vissuta nell’ordinario.
Una vita ordinaria di prete che lo ha accompagnato fino all’ultimo istante della sua vita quando di fronte ai due ragazzi che lo sgozzavano, ha detto: “Vattene, Satana”. Una frase che lascia intendere come padre Hamel abbia saputo mantenere una lucidità di pensiero fino all’ultimo, indicando nei due ragazzi l’azione del Male, e quindi forse addirittura un perdono.
Proprio così. O almeno, questo è il modo in cui noi comprendiamo e interpretiamo quel momento.
È un po’ come le parole pronunciate da Gesù sulla Croce quando ha detto: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
E i due giovani non sapevano quello che stavano facendo, perché era Satana che agiva in loro e quanto stavano facendo, non era un atto umano. Le forze del Male purtroppo ci sono nel nostro mondo e agiscono nel cuore di alcuni.
Oggi ci saranno molte persone a Rouen a rendere omaggio a padre Hamel. Ci sarà anche il presidente della Repubblica. La sua tomba è stata, in questo ultimo anno, meta di pellegrinaggio di moltissime persone. Si è aperto il processo di beatificazione e saranno già 69 le persone che renderanno una testimonianza. Cosa c’è nella vita di questo prete che attira e affascina così tanto le persone?
Penso che sia il bisogno di una prossimità che padre Hamel accoglieva. Padre Hamel era un sacerdote che sapeva farsi prossimo, perché era un uomo semplice che comprendeva, o almeno cercava di comprendere, la vita delle persone. Credo che sia questa semplicità ad attirare. Sulla sua tomba tante persone oggi si inginocchiano perché riconoscono in padre Hamel una persona semplice che può comprendere. Un prete, e i preti ci sono per offrire ascolto e comprensione. Penso che sia questa una delle ragioni.