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Papa Francesco: in vacanza per una “sana cultura dell’ozio”

M.Michela Nicolais

Il vero lavoro comporta il vero riposo. Che non è un tempo vuoto o da sprecare, ma l’occasione propizia, il momento favorevole per recuperare la dimensione umana, prima ancora che cristiana, per eccellenza: il rapporto con la trascendenza. Parola di Papa Francesco, che per la quinta estate consecutiva trascorre le vacanze estive nel suo “mini-appartamento” a Casa Santa Marta. Nessuna variazione sostanziale, nelle sue giornate, a parte la rarefazione dei momenti pubblici: quello che cambia, come ha spiegato lui stesso sul volo di ritorno dalla Corea del Sud, è la scansione dei tempi: “Sempre faccio vacanze, ma nell’habitat: cambio ritmo: Dormo di più, leggo le cose che mi piacciono, sento la musica, prego di più…e questo mi riposa”.

Per una sana cultura dell’ozio. “Mentre nei mesi estivi cercheremo un po’ di riposo da ciò che affatica il corpo, non dimentichiamo di trovare il ristoro vero nel Signore”. È l’augurio estivo di Francesco, pronunciato durante l’Angelus del 9 luglioscorso.

”La persona non è solo lavoro…Dobbiamo pensare anche alla sana cultura dell’ozio, di saper riposare”,

aveva spiegato pochi giorni prima ricevendo in udienza i delegati della Cisl, ai quali non a caso aveva parlato di lavoro partendo proprio dal riposo. Una prospettiva, questa, presente nel pensiero di Bergoglio già nell’Evangelii gaudium (n. 86) – dove la dimensione contemplativa è la vera alternativa alla “desertificazione spirituale” – e nella Laudato sì (n. 237), in cui il riposo viene definito “un ampliamento dello sguardo”.

Diritto al lavoro e diritto al riposo. Lavoro e riposo, in altre parole, vanno – e devono andare – di pari passo. Ricevendo, per la prima volta nella storia secolare dell’ente, il personale dell’Inps, il Papa ha coniato l’espressione di “custodia del diritto al riposo”, che nel linguaggio della fede è una dimensione umana e divina nello stesso tempo. Non “una semplice astensione dalla fatica e dall’impegno ordinario ma un’occasione per viver pienamente la propria creaturalità, elevata alla dignità filiale da Dio stesso”. L’esigenza di santificare il riposo si lega, così, a quella riproposta settimanalmente dalla domenica. Ma come godere del “giusto riposo” in una società in cui la precarietà è il paradigma dominante e la pensione rischia di rimanere una chimera? È una vergogna, denuncia Francesco:

“Riposo, perché c’è lavoro. Al contrario, non si può riposare”.

E ancora: “Il vero riposo viene proprio dal lavoro! Tu puoi riposare quando sei sicuro di avere un lavoro sicuro, che ti dà dignità, a te e alla tua famiglia. E tu ti puoi riposare quando nella vecchiaia sei sicuro di avere la pensione che è un diritto. Sono collegati, tutt’e due: il vero riposo e il lavoro”.

La festa, il lavoro, la preghiera. “Non dobbiamo mai essere schiavi del lavoro, ma signori”, l’appello lanciato in una delle catechesi tra i due appuntamenti sinodali sulla famiglia : il vero tempo della festa sospende il lavoro professionale, ed è sacro, perché ricorda all’uomo e alla donna che sono fatti ad immagine di Dio. Troppi, invece, sono oggi gli schiavi del lavoro, perché l’ideologia del profitto e del consumo vuole mangiarsi anche la festa. Il lavoro diventa “fratello lavoro” quando, accanto ad esso, c’è il tempo del non-lavoro, della festa, dice il Papa agli operai dell’Ilva:

“Nelle famiglie dove ci sono disoccupati, non è mai veramente domenica e le feste diventano a volte giorni di tristezza perché manca il lavoro del lunedì. Per celerare la festa, è necessario poter celerare il lavoro. L’uno scandisce il ritmo dell’altra. Vanno insieme”.

I “nuovi templi” e la domenica. Da una parte i nuovi “templi”: i grandi centri commerciali aperti 24 ore su 24. Dall’altra la lezione della Bibbia, che ci insegna che il lavoro è fatica e sudore, non semplicemente un mezzo per poter consumare. L’affresco è quello delineato sempre a Genova, dove Francesco conclude il suo discorso tra terra e mare pronunciando un forte “no” al lavoro domenicale: “Un mondo che non conosce più i valori e il valore del lavoro, non capisce più neanche l’Eucaristia, la preghiera vera e umile delle lavoratrici e dei lavoratori”. È questo spazio della gratuità, che stiamo perdendo: la questione della domenica lavorativa – aveva già ammonito il Papa incontrando il mondo del lavoro e dell’industria a Campobasso – non riguarda solo i credenti, ma interessa tutti perché è una scelta etica a partire dalla quale, a seconda della direzione presa, si può valutare la qualità del sistema economico in cui ci troviamo.

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