A 100 anni: dalla “grande guerra” o dalla “inutile strage”?
È una domanda provocatoria che a sua volta ne suscita altre, in una giornata appena trascorsa, 1° agosto 2017, a 100 anni dall’amara constatazione di Benedetto XV che nel pieno della Prima Guerra Mondiale la definì per l’appunto “l’inutile strage”.
E in questo giorno, in cui ricordiamo le parole coraggiose di papa Benedetto, torna alla memoria la figura di mio padre Mauro Sergio, mentre appena diciottenne si recava al fronte da cui fortunatamente sarebbe ritornato sano e salvo. Al contrario delle centinaia di migliaia di suoi coetanei che non tornarono più a casa, e delle migliaia e migliaia di mutilati e feriti.
Perché non esiste una “grande” o “piccola” guerra, ogni guerra è “inutile strage”, inutile, cioè dannosa per tutti.
Perché quando parli di guerra, grande o piccola che sia stata o lo sia tutt’ora, ne parli sempre per piangere i giovani soldati che sono morti e pensare ai feriti e ai mutilati, ai genitori rimasti senza figli, alle vedove e agli orfani. Ai cumuli spaventosi di macerie materiali e morali.
Dovremmo imparare, dalla “inutile strage”, a considerare stupidità e follia la guerra, ogni guerra.
A scrivere, finalmente, nella Chiesa una teologia della pace, a partire dal Vangelo, dalle fonti magisteriali, dal cammino silenzioso e imponente del popolo della pace, da progetti educativi alla pace e dalla denuncia coraggiosa del commercio delle armi.
Solo così questa nostra umanità comprenderà, una volta per tutte che, come ebbe a dire Pio XII, “nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra”.