DIOCESI – La notte del 24 agosto di un anno fa fummo svegliati all’improvviso da un letto che sembrava ondeggiare sul mare, da pareti che oscillavano paurosamente, da calcinacci che cadevano all’improvviso e da una grande paura, non solo per quello che vedevamo, ma soprattutto per quello che poteva essere capitato altrove. Dove era l’epicentro di tanto sconvolgimento? Che intensità aveva avuto là il terremoto? Le notizie immediatamente raccolte dalla televisione non furono rassicuranti e apparve subito la gravità eccezionale con i tanti dolori e lutti che aveva provocato.
Un anno è passato, altre scosse sismiche e la neve hanno peggiorato la situazione, tante sofferenze e fatiche sono passate.
Guardiamo indietro: molto si è fatto, ma non tutto è sistemato: molte case, chiese e scuole sono ancora inagibili.
Altre sono state riaperte. Molte casette provvisorie sono state consegnate, molte restano da approntare.
Moltissimo resta da fare.
In pochi secondi si distrugge il lavoro di secoli e ci vogliono anni e anni per recuperare il recuperabile.
Quanto è fragile il nostro mondo!
Sia nell’immediato che successivamente, l’impegno di molti è stato encomiabile, non solo negli aiuti materiali, ma anche nel sostegno morale, spirituale e psicologico. La caritas nazionale e quelle locali si sono attivate immediatamente con interventi molto concreti.
È scattata la solidarietà dei tempi difficili, quella che in queste occasioni il nostro popolo sa riscoprire e al quale va dato merito.
Ora dobbiamo guardare avanti. I nostri territori e le nostre comunità non devono morire, la solidarietà non deve spegnersi: è un compito che tutti dobbiamo assumerci fino in fondo, nei rispettivi campi di responsabilità senza deleghe improprie.
Le procedure burocratiche, pur necessarie, rendono più lenti di quanto si vorrebbe, e forse si potrebbe (con inevitabili polemiche), gli interventi promessi al più alto livello politico.
Vanno snellite e accelerate al massimo possibile, rispettando la legalità.
Solo nella solidarietà e nella collaborazione attiva di tutti (privati e istituzioni) è possibile guardare al futuro con speranza e ridare speranza a chi ha perso tutto. Occorre partire il più presto possibile con una ricostruzione materiale, ma anche morale, che renda più sicure e resistenti le nostre case e i nostri paesi.
Prego perché questo avvenga il più presto possibile: lo dobbiamo a questi nostri fratelli e concittadini così duramente provati da questa grande calamità.
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