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Monache Clarisse: “l’Amore di Dio va accolto”

DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto sulle letture di domenica 24 settembre.

Leggiamo nel libro del profeta Isaia: «… i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore».
La pagina del Vangelo ce lo conferma. Da un lato, c’è un padrone di casa che, per tutto il giorno e ripetutamente, esce per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna; esce all’alba, alle nove, a mezzogiorno, alle tre, verso le cinque del pomeriggio. Un padrone di casa che, alla sera, decide di pagare gli operai partendo dagli ultimi chiamati fino ai primi, e consegnando a tutti la medesima paga. E’ questa la “via” del Signore: la via di un dono senza misura, di una misericordia che fa scandalo perché non meritocratica ma gratuita, la via di un amore di fronte al quale non ci sono privilegi da vantare.
E la via dell’uomo in risposta a tutto ciò? Quella della mormorazione, della recriminazione per un’ingiustizia subita, dell’accusa, della rabbia: «Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo».
«Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri».
Fa quasi rabbia un Dio che sogna la fecondità di tutti, la vita per tutti. Scomoda un Dio che non fa calcoli, un Dio, come canta il salmista, «lento all’ira e grande nell’amore», buono verso tutti e la cui «tenerezza si espande su tutte le creature».
Un Dio che non crea o rispetta classifiche perché non ha alcun budget annuale da raggiungere e chiede a noi di fare altrettanto! Perché l’unico traguardo da avvicinare è quello di cui ci parla San Paolo nella lettera ai Filippesi: «Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno».
La Parola di questa domenica ci interpella, allora, su ciò che è al cuore della nostra vita con Dio: la relazione o la prestazione? Concepire il proprio servizio a Dio come prestazione conduce a misurarlo e a confrontarlo con il servizio degli altri, entrando, così, in un rapporto di competizione.
Se, invece, c’è una relazione con il Signore, la sua bontà senza fine e verso tutti, diviene motivo di ringraziamento e non di contestazione.
L’amore di Dio non va meritato, ma accolto, primi e ultimi, ultimi e primi!