“La carità non si accontenta delle buone abitudini del passato, ma sa trasformare il presente”. È quanto scrive il Papa, nel messaggio inviato alla Famiglia Vincenziana in occasione del 400° anniversario del carisma, fondato da San Vincenzo de’ Paoli, uomo che “ha vissuto sempre in cammino, aperto alla ricerca di Dio e di se stesso”. “Questo è tanto più necessario oggi, nella mutevole complessità della società globalizzata – prosegue Francesco – dove certe forme di elemosina e di aiuto, pur motivate da generose intenzioni, rischiano di alimentare forme di sfruttamento e di illegalità e di non portare benefici reali e duraturi”. Per questo “pensare la carità, organizzare la prossimità e investire sulla formazione sono insegnamenti attuali che da San Vincenzo giungono a noi”. “Ma il suo esempio – l’invito di Francesco – ci stimola a dare spazio e tempo ai poveri, ai nuovi poveri di oggi, ai troppi poveri di oggi, a fare nostri i loro pensieri e i loro disagi, perché un cristianesimo senza contatto con chi soffre diventa un cristianesimo disincarnato, incapace di toccare la carne di Cristo”. “Incontrare i
poveri, prediligere i poveri, dar voce ai poveri, perché la loro presenza non sia zittita dalla cultura dell’effimero”, la consegna del Papa, insieme all’auspicio che “la celebrazione della Giornata mondiale dei poveri del prossimo 19 novembre ci aiuti nella vocazione a seguire Gesù povero, diventando sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi e reagendo alla cultura dello scarto e dello spreco”. “Parlare prima di tutto con la vita e poi con grande semplicità, in modo colloquiale e diretto”: così Francesco sintetizza il “piccolo metodo” di San Vincenzo de’ Paoli, che ebbe anche la “profetica intuizione di valorizzare le straordinarie capacità femminili, affiorate nella finezza spirituale e nella sensibilità umana di Santa Luisa de Marillac”. La testimonianza del fondatore della Famiglia Vincenziana, conclude il Papa, “ci invita a essere sempre in cammino, pronti a lasciarci sorprendere dallo sguardo del Signore e dalla sua Parola. Ci domanda piccolezza di cuore, disponibilità piena e umiltà docile. Ci sospinge alla comunione fraterna tra noi e alla missione coraggiosa nel mondo. Ci chiede di liberarci dai linguaggi complessi, dalle retoriche autoreferenziali e dagli attaccamenti alle sicurezze materiali, che possono tranquillizzare nell’immediato ma non infondono la pace di Dio e spesso persino ostacolano la missione. Ci esorta a investire nella creatività dell’amore, con la genuinità di un cuore che vede”, come esorta a fare Benedetto XVI nella Deus Caritas est.
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