Sette tombe di vetro galleggiano nel mare di Tunisia, sull’altra sponda del Mediterraneo. L’artista Sadika Keskes le ha chiamate “Tombeaux de la Dignité” (tombe della dignità), un segno visibile tra le onde del Mare Nostrum “per ricordare tutte quelle persone che nel Mediterraneo hanno perso la vita e rimarranno per sempre senza nome, senza ricordo. Uomini, donne e, purtroppo, anche bambini”.
Per questo tra le tombe blu ne spicca una più piccola di vetro bianco a ricordare tutti i bambini che sono morti nel tentativo di raggiungere l’altra sponda del mare.
Secondo le statistiche dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati dall’inizio del 2017 si contano già 2.681 migranti morti o dispersi nel Mediterraneo. Erano 5.096 nel 2016, 3.771 l’anno precedente.
“È incredibile come questo possa accadere in un mare che è stato per secoli un luogo di comunicazione tra mondi diversi, mentre oggi è uno spazio di frontiere”racconta al Sir l’artista.
La sua performance, organizzata domenica 1 ottobre a Gammarth, non distante da Tunisi, rappresenta uno dei momenti più significativi della mostra d’arte contemporanea “PoPo-art contemporain en Tunisie” promossa sotto il patrocinio del governo tunisino.
“Il luogo dell’arte è nello spazio pubblico, perché l’arte deve parlare alla gente a partire dai suoi problemi – spiega -. Per questo siamo andati in spiaggia. In Tunisia abbiamo molte famiglie che, nel corso degli ultimi anni, hanno visto partire i propri figli senza avere più notizie di loro, mentre, verso il confine con la Libia, i pescatori sono costretti a raccogliere i corpi di giovani affogati, trasportati lì dalle correnti. Vengono sotterrati così, semplicemente sotto un sottile strato di sabbia, senza un nome e senza che vi sia stato nessun tentativo di identificazione”.
Per ricordarli e, soprattutto, per richiamare l’attenzione della società tunisina e dell’Europa su questa tragedia Sadika Keskes ha deciso di organizzare una vera e propria processione laica che, dalla sua casa atelier, è partita alla volta della spiaggia dove sono state ancorate in acqua le tombe. Alla partenza un poeta tunisino ha letto una poema dedicato a Lampedusa e alla sua gente che nel 2011, a seguito della rivoluzione, accolse migliaia di giovani tunisini. Ma quello di Gammarth non è solo un modo per non dimenticare e custodire il passato,
perché la Tunisia sta conoscendo un ritorno consistente delle partenze
con il rischio che questo porti a nuove morti. Nelle ultime settimane si sono verificati sbarchi di migranti partiti dalle coste tunisine sia in Sardegna che a Lampedusa, mentre alcuni mesi fa era toccato a Mazara del Vallo. “L’aumento di partenze nel mese di settembre è stato considerevole e molte altre barche sono state fermate dalla Guardia costiera prima che potessero prendere il largo”, ci racconta Reem Bouarraj, medico che si occupa di migrazioni per il Forum tunisino per i diritti economici e sociali.
La incontriamo sulla spiaggia mentre, insieme ad un’altra cinquantina di persone, guarda le tombe scosse dalle onde.
“Al momento – continua Bouarraj – non possiamo ancora dire se questo incremento sia una conseguenza di quanto sta avvenendo in Libia o se si tratta di un fenomeno tutto interno alla Tunisia”. La giovane dottoressa è stata anche l’unica donna tunisina a far parte dell’equipaggio di Aquarius, la nave dell’Ong Medici senza frontiere, impegnata nei soccorsi al largo della Libia. “Sono rimasta a bordo tre mesi – racconta – e posso dire che questa esperienza ha segnato profondamente la mia vita e il mio lavoro.Vedere donne che si gettano in acqua con i figli al collo pur di non correre il rischio di essere prese dalla Guardia costiera libica e riportate sul continente africano, fa capire molto di quello che passano i migranti nei centri di detenzione. Quello che sta facendo l’Europa, pagando le milizie libiche per non far partire i migranti, è disumano”.Le tombe resteranno sulla spiaggia di Kammarth per alcuni giorni in modo da poter essere viste dai turisti e dai tunisini che la frequentano, ma il progetto non è ancora finito perché, tra pochi giorni, Sadika Keskes partirà in barca verso Lampedusa. A bordo porterà con sé gli stessi cubi di vetro utilizzati per costruire le tombe della dignità con il proposito di ripetere la stessa installazione sull’isola italiana. “Il mio sogno – conclude l’artista – è di portare queste tombe della dignità in ogni punto del Mediterraneo che sia luogo di partenza o di arrivo dei migranti. Sarà un modo per ricucire simbolicamente il filo rotto tra le due sponde del mare”.