Chi ritrova le proprie radici è un uomo di gioia mentre “l’auto-esilio psicologico” fa molto male. Così Papa Francesco, nell’omelia della Messa celebrata a Casa Santa Marta, nel corso della quale ha esortato a ritrovare la propria appartenenza. Commentando la Prima Lettura odierna tratta dal Libro di Neemia, relativa al ritrovarsi del popolo di Dio alla fine dei 70 anni di deportazione babilonese recuperando le proprie radici, il Pontefice, riferisce Radio Vaticana, afferma: “Senza le radici non si può vivere: un popolo senza radici o che lascia perdere le radici, è un popolo ammalato”. “Una persona senza radici, che ha dimenticato le proprie radici, è ammalata. Ritrovare, riscoprire le proprie radici e prendere la forza per andare avanti, la forza per dare frutto e, come dice il poeta, ‘la forza per fiorire perché – dice – quello che l’albero ha di fiorito viene da quello che ha di sotterrato’. Proprio quel rapporto tra la radice e il bene che noi possiamo fare”. Un cammino nel quale però si possono incontrare resistenze. “Le resistenze – il monito di Francesco – sono di quelli che preferiscono l’esilio, e quando non c’è l’esilio fisico, l’esilio psicologico: l’auto-esilio dalla comunità, dalla società, quelli che preferiscono essere popolo sradicato, senza radici. Dobbiamo pensare a questa malattia dell’auto-esilio psicologico: fa tanto male. Ci toglie le radici. Ci toglie l’appartenenza”. “L’uomo e la donna che ritrovano le proprie radici, che sono fedeli alla propria appartenenza – conclude -, sono un uomo e una donna in gioia, di gioia e questa gioia è la loro forza”.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *