SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “In questo incontro vorrei camminare con voi per poter tornare semplicemente a vivere, vorrei dirvi le cose che per me contano. Per iniziare prendo spunto dalla storia di Davide e Golia. Ad un certo punto del racconto l’armatura di Davide si rompe, lui prende l’armatura e la butta.
Davide passa da bischero ma non si scoraggia, prende 5 ciottoli dal fiume, prende la fionda e riesce a sconfiggere Golia.
Questa generazione sembra Golia: prepotente, violenta, armata.
Vorrei dirvi quali sono per me le 5 cose, i 5 sassolini a cui non vorrei mai rinunciare e con cui si può vincere questa generazione”.
Con queste parole Don Luigi Verdi della “fraternità di Romena” ha aperto l’incontro “semplicemente vivere” che si è tenuto ieri sera, mercoledì 18 ottobre, presso la Parrocchia Ss. Annunziata di San Benedetto del Tronto.
Don Luigi è responsabile della Fraternità di Romena che si trova in provincia di Arezzo e che ha co fondato nel 1991 di ritorno da un lungo viaggio che lo aveva portato in Bolivia, dopo una crisi sopraggiunta durante il settimo anno di sacerdozio.
Ha così ridato all’antica Pieve una nuova ragione di vita: “accogliere le persone che in questa società consumista hanno scoperto di poter comprare tutto, ma non la propria armonia interiore”.
Don Luigi ha poi affermato: “Il primo sassolino, la prima cosa a cui non vorrei mai rinunciare è: la dignità e la libertà.
Da quando Adamo ed Eva disobbedirono a Dio e “vogliono capire”, da quel momento è venuto fuori un manicomio. Né conseguirà l’inimicizia tra l’uomo e la donna, tra i fratelli: Caino e Abele.
Personalmente mi sento in esilio in questo mondo. È arrivata la modernità e tutti a seguirla e si sta male tutti dentro questi ritmi folli.
A Romena mentre stavamo discutendo sulle cose della quotidiano ci siamo fermati a guardare un cervo che veniva verso di noi. Nonostante abbiamo avvelenato il mondo anche con la nostra cattiveria, la vita ritorna. Se arriva un Cervo vuol dire che c’è un ritmo sano, che c’è un paradiso terrestre.
La nostra salvezza è vedere l’Eden in qualunque cosa.
Quando mi ritrovo nelle piazze delle città che visito, mi fermo sempre un paio d’ore. In quei luoghi, dove c’è anche un pò di schifo, cerco di vederci qualcosa di bello: gli innamorati, chi si sostiene, una carezza.
C’è un eden, un paradiso che mi garba ritrovare per ritrovare l’armonia dell’inizio, perchè noi senza armonia si sta male.
Se nei rapporti non c’è armonia si sta male.
La cosa più bella è vedere persone ferite che avrebbero tutto il diritto di maledire la vita, la portano avanti invece con dignità, e provano a rialzarsi.
Se vi ricordate il Vangelo “Beati…”, il termine ebraico di beato vuol dire stare dritto in piedi.
Il problema non è la grandezza della ferita ma con quale dignità si porta la ferita.
Ci fanno credere che siamo la generazione più libera della storia. Siamo invece la più schiava.
Prima le catene si potevano vedere, oggi invece l’inganno è tra la libertà interiore ed esteriore.
Dipende dalle mie paure, da quello che mi capita, da ciò che va di moda. Dove è che siamo liberi?
Gesù è l’unico che non si è fatto comprare da nessuno: ne dai soldi, ne dal potere ne dalle emozioni.
Come fanno i ragazzi di oggi a crederci? Hanno visto che ci siamo fatti comprare da: soldi, potere, ambizioni ed emozioni.
I ragazzi non hanno la forza di vivere in un altro modo.
Attenti poi alle emozioni. Se il vostro partner ti dice: ti amo e trama bugie e non ha una carezza per te, che cosa ci fai?
Dio ci lascia liberi e non vuole fare il padrone, al costo di rimetterci. Dio nell’antico testamento è sempre arrabbiato con gli idoli che in ebraico l’idolo è “colui che vi compra”. Non fatevi comprare da nessuno”.
Prendendo spunto dalla canzone di Roberto Vecchioni dedicata a Van Gogh Don Luigi ha poi affermato: “Il secondo sassolino è la forza della debolezza. Van Gogh che prende il nome dal fratellino morto Vincent, prima di suicidarsi scrive: ‘nella mia vita c’è stata un emozione che mi ha fregato, io dipingo la natura perchè la natura è lenta”.
Nella vita dipende dalla sensibilità che hai e dalla forza che hai di reagire o meno.
Quando un padre dice alla figlia che è stata lasciata da un ragazzino: ‘che te ne frega? ne troverai altri dieci!’
Quel padre è un idiota!
Per stare dentro la debolezza ci vuole molta umiltà.
Nella vita bisogna sempre continuare ad imparare finché si vive. Dobbiamo imparare da tutti: da un bambino, da un’anziana, da un contadino, da un viaggiatore, perchè la cosa peggiore che vi può capitare quando dite: “lo sò”.
L’umiltà di cenerentola mi piace moltissimo. Il padre parte per un lungo viaggio: le sorelle chiedono i gioielli e i vestiti. Cenerentola invece gli chiede un rametto per poterlo mentre sulla tomba della madre.
Cenerentola volava più in alto, non s’arrabbia con le sorelle, lei voleva sentire vicina sua mamma.
In questo tempo non ho voglia di perdere tempo con la stupidità, come faceva Gesù: passava in mezzo e andava oltre.
Si parte tutti umili, il problema è rimanere umili. Noi preti diventiamo pieni di soldi, prepotenti e si perde l’umiltà.
Il centro è rimanere umili.
Volete una verifica sulla vostra forza d’amore: se passano gli anni e l’amore è diventato più acido, più duro e più prepotente vuol dire che non ha funzionato come doveva.
Il tempo dovrebbe servire a diventare più umili e più dolci.
Noi siamo strani: se c’è un difetto lo nascondiamo. Più nascondiamo un difetto più si vede, più gli altri ci distruggeranno.
Nella mia vita di sacerdote ho avuto una crisi vera. Il primo motivo della crisi era la timidezza che mi accompagnò fin quando non trovai un salmo: ‘la pietra scartata dai costruttori è diventata la pietra angolare” e così ho valorizzato i miei difetti.
Per vincere la mia timidezza sono stato un anno intero a guardare tutti negli occhi e alla fine ho vinto la mia insicurezza.
Se vuoi crescere non puoi non fare brutte figure, devi tremare, devi balbettare.
Quando la tua debolezza diventa la tua forza allora sì che non vi ferma più nessuno. Gli invincibili sono coloro che cadono di continuo e di continuo si rialzano.
Il terzo sassolino a a cui non vorrei mai rinunciare é lo stile del Vangelo che è molto semplice.
Io sono un sacerdote ma non capisco nulla di Dio.
Ci sono parole come Dio che non si possono possedere come: bellezza, amore, vita.
Bisognerebbe entrarci in punta di piedi e non dire grandi cose, bisognerebbe sentirle e non parlarne.
Il catechismo non funziona più perché ad ogni domanda si dà una risposta: Cos’è Dio? E si risponde cos’è Dio.
Difronte al dolore delle persone che è sacro, l’unico modo per affrontarlo è camminare insieme, abitare le domande.
Ai nostri figli non abbiamo insegnato a faticare e anche l’amore non fa sempre bene. Se ami troppo un figlio lo rimbambisci, perché l’amore vero libera e non ti rende schiavo. Altrimenti non troverà mai fiducia in se stesso.
Prendo spunto da due brani del Vangelo: la samaritana a cui Gesù gli chiede un bicchiere d’acqua perché Dio ha bisogno di lei. Gesù non si mette un titolo. La forza di Gesù infatti è lo sguardo e davanti a Lui ti denudava.
Poi Cristo le chiede del marito e la samaritana risponde “«Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene “non ho marito”; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero»” Gesù sotto intende che ha avuto 6 storie di amore e la Samaritana ancora non ha capito nulla di amore. Da dove nasce quest’ansia di amore che non gli riempie il cuore?
Gesù non gli chiede l’elenco dei peccati ma gli interessa il nocciolo. Perché se non risolvi il nocciolo quante volte hai peccato conta poco.
Rispondendo poi alla donna su quale monte di dovesse pregare Dio, Gesù gli risponde che non è importante il monte ma: chiunque si avvicini a Dio in Spirito e verità lo troverà.
Il secondo brano è l’episodio di Zaccheo che desidera vedere Gesù e usa la creatività.
Zaccheo usa l’albero del Sicomoro che è considerato l’albero della pazzia e come un bambino sale sull’albero.
Quando Gesù passa vicino lo guarda e gli fa: stasera vengo a cena da te!.
Se nei secoli la chiesa invece di scomunicare avesse detto “vengo a cena da te”, sarebbe stata un’altra storia.
I preti stanno sempre a lamentarsi che oggi meno persone frequentano la Messa e che c’è meno religiosità.
Gesù cosa faceva? Prima camminava con loro, poi condivideva il dolore e infine spezzava il pane.
Ora per far tornare le persone alla Messa alla domenica dovremmo camminare con loro, interessarci e chiedergli delle loro difficoltà e poi forse tornerebbero a Messa.
Il quarto sassolino è “il perdono e la misericordia“.
Se non sappiamo far pace con ciò che viviamo e le nostre ferite non ne guariremo mai.
La parola misericordia ha la stessa radice dell’utero della donna.
La mamma perdona sempre il figlio perché lo ha partorito e non ce la fa a non perdonarlo. Anche Dio ci ha partorito e non ce la fa a non perdonarci.
I passaggi della guarigione: Capire, non odiare e perdonare.
La prima cosa è capire che è ben diverso da giustificare. Non bisogna giustificare.
Non odiare: Le persone vi amano con l’unico modo che conoscono. L’unica guerra che noi abbiamo non è contro quelli che ci hanno fatto del male ma contro noi stessi.
Se avete una ferita bisogna capire e non lasciarsi avvelenare.
Il perdono e ringraziare infine è fondamentale.
Durante la mia vita, mentre buttato via le cose che non ritenevo buone, Dio era dietro di me e le raccoglieva. Quando alla fine dei miei giorni sarò di fronte a Lui, mi farà vedere tutte le cose che ho sciupato.
Ultimamente penso a tante donne che hanno abortito. All’inizio il dolore in loro è meno consapevole e vengono piangendo. Io penso che Dio a quelle donne che hanno abortito, a quelle mamme rimetterà il loro bambino in braccio.
La cosa più bella è che Dio recupera e non butta via nulla di quello che abbiamo sciupato.
Il quinto sassolino a cui non vorrei mai rinunciare é “la tenerezza e la gioia“.
Personalmente odio la parola felicità perché è la parola più stupida nel mondo in quanto la felicità non esiste.
La felicità ti manda al manicomio. Perchè o sei felice oppure sei infelice. Se tutto va bene sei felice se va invece storto qualcosa sei triste.
La gioia invece è il più puro dei sentimenti. Se si mantiene la gioia anche nelle difficoltà quella è perfetta letizia.
Come affermava Ghandi: “La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia”.
Io vi auguro la gioia e non la felicità. Nella bibbia non c’è mai la parola felicità”.
Concludendo Don Luigi ha affermato: “Nella nostra vita abbiamo bisogno della tenerezza. La carezza è cento volte più potente di fare l’amore. Il fare l’amore ti può slanciare all’amore o può distruggerlo, invece se l’uomo da una carezza ad una donna le manifesta tenerezza, viceversa gli infonde il coraggio.
Vi auguro infine che:
Possa la via crescere con voi,
possa il vento essere alle vostre spalle,
possa il sole scaldare il vostro viso
e possa Dio tenervi nel palmo della sua mano.
Prendetevi tempo per amare
perché questo è il privilegio che Dio vi dà;
prendetevi tempo per essere amabili
perché questo è il cammino della gioia;
prendetevi tempo per ridere
perché il sorriso è la musica dell’anima;
prendetevi tempo per amare Dio
e le persone che Dio vi affida tutti i giorni attorno a voi
con molta tenerezza
perché la vita è troppo corta per essere egoisti!”