Il Papa ha concluso la sua visita al Sacrario delle Fosse Ardeatine – dopo aver pregato da solo in silenzio davanti all’ingresso e aver raggiunto poi la grotta dove sono ospitate le 335 tombe, sulle quali ha deposto delle rose bianche e gialle – leggendo una preghiera, accanto al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che lo ha preceduto leggendo anche lui una preghiera in ebraico. Francesco ha cominciato rivolgendosi a Dio che è “con ogni uomo e ogni popolo che soffre l’oppressione”, e poi lo ha invocato con un preciso riferimento al luogo a cui ha scelto di rendere omaggio, dopo la Messa al Cimitero americano di Nettuno, in questo 2 novembre: “Dio dei volti e dei nomi – le invocazioni commosse di Francesco – Dio dei 335 uomini trucidati qui il 24 marzo 1944, i cui resti riposano in queste tombe. Tu, Signore, conosci i loro volti e i loro nomi, tutti, anche i 12 che sono rimasti ignoti. Per te nessuno è ignoto”. “Noi sappiamo che il tuo nome – ha proseguito il Papa – vuol dire che non sei il Dio dei morti, ma dei vivi; che la tua alleanza di amore fedele è più forte della morte ed è garanzia di risurrezione”. “Fa che in questo luogo che conserva la memoria dei caduti per la libertà e la giustizia – l’invocazione finale – ci togliamo i calzari dell’egoismo e dell’indifferenza e attraverso il roveto ardente di questo mausoleo ascoltiamo in silenzio il tuo nome: Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, Dio di Gesù, Dio dei viventi”. Prima di lasciare il Sacrario, salutato dall’applauso della folla che lo ha atteso all’eterno, il Papa ha firmato il Libro d’Onore, scrivendo questa frase: “Questi sono i frutti della guerra: odio, morte, vendetta… Perdonaci, Signore”.