LORETO – Mercoledì 8 novembre, presso la sala del Pomarancio, all’interno della Basilica della Santa Casa di Loreto, si è svolto il consueto incontro formativo organizzato dalla delegazione regionale della Caritas Marche, con la straordinaria partecipazione del card. Franco Montenegro, presidente della Caritas Italiana, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, ancora più noto per essere il vescovo di Lampedusa che accolse il primo, storico viaggio di Papa Francesco nel luglio 2013. Ancor prima, ebbe il coraggio di vietare i funerali ad un boss mafioso.
Senza fogli in mano, in un clima familiare, nonostante l’importante numero di volontari arrivati da tutte le diocesi della regione, don Franco, accolto dal delegato regionale Angiolo Farneti, ha salutato tutti i volontari della Caritas Marche. Più che un incontro, si è trattato di un dialogo tra i presenti. Il card. Montenegro è entrato subito in empatia con i volontari, ringraziandoli per il prezioso servizio che svolgono all’interno delle proprie diocesi, esortandoli a coltivare ed accrescere il loro ruolo di educatori, perché la Caritas svolge principalmente una funzione educativa fondamentale, ovvero, mettere i poveri al centro, accogliendoli senza pregiudizi e con prossimità, questo significa rieducare.
Vi proponiamo un breve, ma significativo passo del suo intervento:
Intanto sento il bisogno di dire grazie per tutto quello che fate. Come diceva Madre Teresa: “non sono i poveri che devono ringraziare noi, ma siamo noi che dobbiamo ringraziare loro”, perché loro ci ricordano che noi restituiamo a loro quello che è stato tolto. Il vostro operato deve battere d’amore se così non fosse questo servizio sarebbe inutile. Chiunque chiede da bere deve essere dissetato, questa è l’essenza dell’eucarestia: farsi dono per l’altro. Tuttavia non dobbiamo limitarci solamente all’operato, ma dobbiamo anche sostare di fronte a coloro che chiedono aiuto. Ogni eucarestia si spezza e si fa dono per l’altro, così anche noi che operiamo nella Chiesa siamo chiamati a “farci a pezzi” per l’altro. Voi dovete essere coloro che portano profumo agli altri, il profumo di Dio. Bisogna imparare ad “andare oltre”, così come fece Gesù con Zaccheo ma anche con la Maddalena.
L’operatore della carità è colui che da il proprio tempo, facendosi dono, aiutando l’intera comunità in cui vive a rendere testimonianza del suo operato e a promuovere la prossimità. Solo così è possibile vivere pienamente l’insegnamento di Cristo. È infatti la comunità che deve andare incontro al povero e non il contrario. La comunità deve comprendere che l’Eucarestia è continua dopo la celebrazione Eucaristica, la Caritas è colui che far render conto alla comunità che unisce le parti, che rende partecipe la comunità con i poveri.
Presente all’incontro, la delegazione diocesana Sambenedettese, guidata da don Gianni Croci e alcuni volontari caritas. Tra questi, visibili nelle foto Giuseppe Paci, Ilario Persiani, Suor Smitha, Suor Vijaya, Giuliano D’Ercole, Virginia Listrani e Marco Sprecacè.
Nel servizio al povero, noi ci giochiamo la nostra fede, dobbiamo riprendere a parlare di poveri, e a portare avanti le loro istanze, sensibilizzando le comunità. la nostra posizione privilegiata ce lo impone. Non ricordiamoci dei poveri solo nelle festività o nella “giornata mondiale dei poveri” fortemente voluta da Papa Francesco. Approfittiamo del servizio che facciamo, non stanchiamoci di amare, la carità dona speranza, restituisce la dignità e accoglie tutti, nessuno escluso. La carità senza giustizia è incompleta, la giustizia senza la carità è falsa.
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