Con grande competenza ha presentato le condizioni di lavoro di tanti braccianti stranieri e anche italiani nei campi agricoli in particolare del sud Italia. Ivan Sagnet ha vissuto in prima persona l’esperienza di sfruttamento del caporalato. In Italia dal 2007 come studente a Torino, per guadagnare invitato da amici, si è ritrovato a Nardò per la raccolta del pomodoro. Qui ha compreso lo stato di sfruttamento dei lavoratori costretti a lavorare anche per sedici ore per un paio di euro e a vivere in condizioni disumane. Organizza quindi uno sciopero e una protesta che con la caparbietà del diritto, e con l’aiuto di molti ha portato alla legge sul caporalato del 2011. Un nuovo decreto quest’estate ha migliorato la legge estendendo la responsabilità e le sanzioni ai datori di lavoro conniventi.
La legge contro il caporalato, la cui funzione di intermediazione illecita di manodopera si può nascondere anche in forme apparentemente legali come agenzie interinali o cooperative, è stata di fondamentale importanza, ha detto Sagnet ma riguarda solo l’aspetto finale. Ancora più importante è creare consapevolezza nel lavoratore del senso del proprio lavoro e dei diritti. Ma anche nel consumatore che dovrebbe essere a conoscenza che ciò che compra nella grande distribuzione, nei supermercati, può essere macchiato del sangue di lavoratori sfruttati. Ma a livello legislativo manca ancora l’intervento sulla grande filiera agricola, sulla grande distribuzione e sulla definizione di prezzi di vendita tali da garantire condizioni di lavoro dignitose. L’impegno dei consumatori può essere decisivo nello scegliere prodotti e aziende che hanno un comportamento etico e una giusta retribuzione: piccole realtà, il commercio equo e solidale, i gas, lo slow food, l’impegno di Libera, sono occasioni per passare ai fatti e dare segnali forti. Realtà presenti anche nel nostro territorio come testimoniato dalla presenza in sala di soci della cooperativa di comunità Rocca Madre.
Ciò che manca è una cultura del rispetto della persona che lavora e una consapevolezza delle reali condizioni di lavoro. È un impegno anche della Chiesa, quello di fare movimento intorno questi temi per cambiare, non a parole ma con gesti concreti, le situazioni di sfruttamento e diseguaglianze, a partire dalle scelte di acquisto ad esempio. Impegno condiviso ma non scontato nella pratica quotidiana anche dei cristiani credenti, tale tema della serata avrebbe meritato infatti una ben più ampia partecipazione e diffusione perché “Nessuno, infatti, può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e la giustizia sociale” (cfr EG n.201).
Il richiamo forte di Sagnet è stato quello di una sveglia a non fermarsi a “le cose vanno cosi e si è sempre fatto cosi”, gli strumenti come lo sciopero sono quelli che abbiamo per la lotta oggi alle diseguaglianze sociali. Pare che oggi in Italia a reclamare diritti e a lottare per averli non siano gli italiani.
Insieme dal basso, si può cambiare il sistema dominato dai poteri forti delle multinazionali, che dall’alto generano ingiustizie e diseguaglianze per il proprio profitto. Non è mancato il richiamo alla politica, che non dovrebbe essere guidata dall’economia, al ruolo dei sindacati che hanno perso la loro missione di essere al fianco del lavoratore, nonché a un diffuso adagiarsi sull’illegalità e atteggiamenti di stile mafioso fin troppo tollerati.
Per conoscere e approfondire l’impegno di Ivan Sagnet, nonché per sostenerlo, si può visitare il sito www.nocap.it