Insomma, per gli americani Novembre è un mese ricco di speranze e fiducia.
Poi c’è il nome “Black Friday” perché black è il colore con cui si registrano le entrate, mentre con il red le uscite. E siccome dal quel venerdì di novembre iniziano gli acquisti natalizi, astrattamente si dice che da quel giorno i bilanci delle aziende dal rosso passano a nero cioè vanno in utile. Da lì in poi si guadagna. I bilanci positivi si fanno grazie a questi giorni, e quindi hanno una valenza statistica importantissima. Infine, c’è l’aspetto storico: nel 1924, il giorno successivo al Ringraziamento, la catena di distribuzione Macy’s organizzò la prima parata per celebrare l’inizio dello shopping natalizio e da quel giorno tutti questi aspetti che caratterizzavano la cultura americana sono confluiti in un giorno che chiamano Black Friday.
Ecco, il Black Friday ha un senso: gli americani hanno delle ragioni per “celebrare” questo giorno.
Per fortuna però ciò che ha un senso per qualcuno perché ha a che fare con la propria cultura, la propria terra, la propria storia non è detto che abbia senso per altri. Trovo quindi insensato prendere dalla cultura di altri popoli il risultato finale di ciò che quella cultura, quella storia, quella terra ha prodotto nel corso dei secoli.
Prendere il risultato, e cioè l’effetto, lo scopo e non la ragione, la motivazione profonda di un fenomeno, dimostra la debolezza di un popolo che non è capace di muoversi per delle ragioni iniziali, ma guardando soltanto al risultato (spesso commerciale) che si ottiene copiando gli altri.
Gli americani hanno tutte le ragioni per fare il Balck Friday, come quello di festeggiare Halloween. Gli italiani nemmeno una, ma oggi usciamo tutti, incontriamoci nei negozi, scoviamo l’affare migliore, senza pensare al perché, tanto a noi ormai il perché delle cose interessa poco.