“La vita di Francesco è stata segnata dall’incontro con Dio povero, presente in mezzo a noi in Gesù di Nazareth: una presenza umile e nascosta che il Poverello adora e contempla nell’Incarnazione, nella Croce e nell’Eucaristia”. A ricordarlo è stato il Papa, ricevendo ieri un udienza le famiglie francescane. “Una delle immagini evangeliche che più impressionò Francesco è quella della lavanda dei piedi ai discepoli nell’Ultima Cena”, ha proseguito, definendo la minorità francescana un “luogo di incontro e di comunione con Dio; luogo di incontro e di comunione con i fratelli e con tutti gli uomini e le donne; luogo di incontro e di comunione con il creato”. In san Francesco, ha ricordato, “la minorità, pur non mancando di motivazioni ascetiche e sociali, nasce dalla contemplazione dell’incarnazione del Figlio di Dio e la riassume nell’immagine del farsi piccolo, come un seme. È la stessa logica del ‘farsi povero da ricco che era’. La logica della ‘spogliazione’, che Francesco attuò alla lettera quando si spogliò, fino alla nudità, di tutti i beni terreni, per donarsi interamente a Dio e ai fratelli”. “La minorità caratterizza in modo speciale la vostra relazione con Dio”, ha detto il Papa ai presenti: “Per san Francesco l’uomo non ha nulla di suo se non il proprio peccato, e vale quanto vale davanti a Dio e nulla più. Per questo la vostra relazione con lui dev’essere quella di un bambino: umile e confidente e, come quella del pubblicano del Vangelo, consapevole del suo peccato. E attenzione all’orgoglio spirituale, all’orgoglio farisaico: è la peggiore delle mondanità”. Altra caratteristica della spiritualità francescana “è quella di essere una spiritualità di restituzione a Dio”: “Tutto il bene che c’è in noi o che noi possiamo fare è dono di colui che per san Francesco era il bene, e tutto va restituito all’altissimo, onnipotente e buon Signore. Lo facciamo attraverso la lode, lo facciamo quando viviamo secondo la logica evangelica del dono, che ci porta a uscire da noi stessi per incontrare gli altri e accoglierli nella nostra vita”.
“La minorità si vive prima di tutto nella relazione con i fratelli che il Signore ci ha donato”. Come? “Evitando qualsiasi comportamento di superiorità”, ha ammonito Francesco: “Questo vuol dire sradicare i giudizi facili sugli altri e il parlare male dei fratelli alle loro spalle; rigettare la tentazione di usare l’autorità per sottomettere gli altri; evitare di ‘far pagare’ i favori che facciamo agli altri mentre quelli degli altri a noi li consideriamo dovuti; allontanare da noi l’ira e il turbamento per il peccato del fratello”. “Si vive la minorità come espressione della povertà che avete professato – ha spiegato il Papa – quando si coltiva uno spirito di non appropriazione nelle relazioni; quando si valorizza il positivo che c’è nell’altro, come dono che viene dal Signore; quando, specialmente i ministri, esercitano il servizio dell’autorità con misericordia”. “Senza misericordia non c’è né fraternità né minorità”, il monito di Francesco: “La necessità di esprimere la vostra fraternità in Cristo fa sì che le vostre relazioni interpersonali seguano il dinamismo della carità, per cui, mentre la giustizia vi porterà a riconoscere i diritti di ciascuno, la carità trascende questi diritti e vi chiama alla comunione fraterna; perché non sono i diritti che voi amate, ma i fratelli, che dovete accogliere con rispetto, comprensione e misericordia”. Al riguardo il Papa ha ribadito: “Non sono i diritti che voi amate, ma i fratelli, che dovete accogliere con rispetto, comprensione e misericordia. I fratelli sono l’importante, non le strutture”.
“La minorità va anche vissuta in relazione a tutti gli uomini e le donne con cui vi incontrate nel vostro andare per il mondo, evitando con la massima cura ogni atteggiamento di superiorità che vi possa allontanare dagli altri. San Francesco – ha ricordato – esprime chiaramente questa istanza nei due capitoli della Regola non bollata dove mette in rapporto la scelta di non appropriarsi di nulla con l’accoglienza benevola di ogni persona fino alla condivisione della vita con i più disprezzati, con quelli che sono considerati veramente i minori dalla società”. I frati, inoltre, “devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi, e tra i mendicanti lungo la strada”. Di qui la necessità di chiedersi: “Dove stiamo? Con chi stiamo? Con chi siamo in relazione? Chi sono i nostri preferiti? E, dato che la minorità interpella non solo la fraternità ma ciascuno dei suoi componenti, è opportuno che ognuno faccia l’esame di coscienza sul proprio stile di vita; sulle spese, sul vestire, su quello che considera necessario”. “E, per favore, quando fate qualche attività per i più piccoli”, gli esclusi e gli ultimi, non fatelo mai da un piedistallo di superiorità”, ha sottolineato il Papa: “Pensate piuttosto che tutto quello che fate per loro è un modo di restituire ciò che gratuitamente avete ricevuto”. “Aprite i vostri cuori e abbracciate i lebbrosi del nostro tempo, e, dopo aver preso coscienza della misericordia che il Signore vi ha usato, usate con essi misericordia, come la usò il vostro padre san Francesco”, l’invito di Francesco, che ha raccomandato ai francescani di prendersi cura anche degli “immigrati che cercano una vita degna” e di “tutti quelli che vivono nelle periferie esistenziali, privati di dignità e anche della luce del Vangelo”, così come degli ammalati e degli infermi.