foto SIR/Marco Calvarese
“La Chiesa deve ritrovare Gerusalemme come topos, come luogo non solo dello spirito. In questa fase di ripensamento sul proprio essere comunità, sul tipo di testimonianza che dobbiamo offrire, dovremmo tutti tornare a Gerusalemme”. Così mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, in una intervista al “Il Regno” interviene sull’annuncio di Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele. Annuncio che interpella anche i cristiani. “Che cosa significa per i cristiani? In che senso diciamo che è la Chiesa madre?”, si chiede mons. Pizzaballa per il quale “la sorte di questa città non è una questione solo ebraica e musulmana”. “Si tratta di un ginepraio delicatissimo – afferma l’ex custode di Terra Santa -, sono il primo a dire che bisogna parlarne con attenzione, evitare affermazioni generiche che fuori contesto vengono interpretate a favore dell’uno o dell’altro. Ma dobbiamo chiedercelo: perché continuiamo a venire qui? Ci sarà un motivo al di là di un certo devozionismo un po’ sofisticato”. Gerusalemme è una città in rapido cambiamento: “Sta cambiando il panorama della città, cambia la vita reale, cambiano le relazioni tra le comunità, cambiano gli equilibri demografici. I numeri in questo senso sono importanti; e quelli sui cristiani dicono che in una città di 850.000 abitanti come è oggi Gerusalemme i cristiani locali sono ormai meno di 10.000, la metà dei quali di rito latino”. I migranti cattolici sono uno dei volti nuovi del Patriarcato e della Chiesa di Gerusalemme: “Vale per le comunità in Israele, ma bisogna vedere quanto e chi resterà. Comunque oggi ci sono ed è compito della Chiesa servire queste persone; legali o illegali è irrilevante dal punto di vista pastorale. Questa presenza cambierà la nostra Chiesa? È difficile dirlo. Ci saranno sempre lavoratori stranieri: Israele ne ha bisogno. Però penso che resterà una presenza con un forte ricambio, non saranno le stesse persone. È vero anche che le situazioni cambiano un po’ a seconda delle provenienze”. In merito al suo futuro mons. Pizzaballa è convinto di lasciare “tantissimi legami belli, ricchi, fecondi. Anche delle ferite: una terra ferita non ti lascia indifferente. Però Gerusalemme mi ha dato tanta passione, questo sì. È una terra e una Chiesa dove la stanchezza è tanta; ma trovi passione. Questo è un dono grande”. E al patriarca latino che verrà dopo di lui suggerisce di “non avere fretta e di ascoltare molto. Gli dirò anche di non occuparsi troppo di politica: qui finisce sempre per inquinare tutto. Ma soprattutto gli dirò di dare speranza a questa gente: hanno bisogno di questo, credere che è possibile restare”.
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