Purtroppo i bambini sono sempre meno in Italia, però gli asili ancora non raggiungono un numero sufficiente per ospitarli. Nella stragrande maggioranza dei casi la loro cura è ad esclusivo carico delle famiglie.
Un’analisi Istat sui servizi socio educativi per l’infanzia mostra la difficoltà per l’Italia a raggiungere gli obiettivi strategici proposti dall’Unione europea. Su oltre 2 milioni e 500 mila bambini dagli 0 ai 3 anni poco più di 350mila sono accolti nei 13 262 centri distribuiti sul territorio nazionale. Si tocca quindi il 22,8% contro il 33%: la quota fissata dall’Europa.
Le coppie cercano un sostegno alla cura dei figli per diversi motivi: che vanno dalla mancanza del sostegno delle reti parentali alla possibilità di offrire occasioni ludico-formative per i bimbi e occasioni di confronto con gli educatori o gli altri genitori sui metodi educativi e di custodia. Molto spesso le conseguenze ricadono sulle donne che finiscono per rinunciare al lavoro oppure, ancora peggio, alla maternità.
La situazione in prospettiva non sembra presentare situazioni di miglioramento. Il report Istat evidenzia che si riduce del 5% la quota di spesa investita dai comuni per la gestione degli enti, mentre aumenta del 20,3% quella investita dalle famiglie. Si crea dunque una prima disuguaglianza tra famiglie che riescono a sostenere una spesa per affidare i propri figli agli asili e quelle che invece non se lo potranno permettere. Una seconda disuguaglianza si evidenzia al livello territoriale. La distribuzione degli enti è differente a macchia di leopardo su tutto lo stivale, ma con concentrazione che toccano il 30% al Centro e al Nord-Est, il 27% nel Nord Ovest e appena il 10% nel Sud e il 14% nelle Isole. Come sottolinea l’Istat proprio nel Mezzogiorno si rileva «la presenza di quote più elevate di persone che sarebbero disposte a lavorare se potessero ridurre i carichi familiari».
L’offerta dei servizi socio educativi è sia pubblica che privata, ma soprattutto è integrata dall’azione di vari soggetti: amministrazioni locali, scuole, cooperative sociali, imprese profit e non profit, piccole associazioni di genitori…
Così anche attraverso la diffusione degli enti socio-educativi si evidenzia la centralità delle risorse territoriali per lo sviluppo del welfare locale. Infatti alcune innovazioni come possono essere le iniziative di welfare aziendale che offre servizi ai dipendenti che lavorano all’interno di un’impresa o costruiscono welfare di reti che coinvolge anche altre realtà della comunità. Finisce però che i territori più ricchi diventano più capaci di offrire opportunità rispetto agli altri.
Una società che non è accogliente verso i bambini ha conseguenze dure per il suo futuro: si disincentiva la natalità, perché le coppie si sentono sole e si condiziona la ricerca di occupazione per le donne.
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