DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto
Leggendo la pagina del Vangelo di Luca che la liturgia ci propone per la celebrazione eucaristica della notte di Natale, è quasi immediato raffigurarsi “visivamente” i presepi allestiti nelle nostre case: Giuseppe, Maria, il Bambino, la mangiatoia, i pastori, gli angeli, le luci…
Non si tratta di una tradizione ormai solo per la gioia dei più piccoli, né un tenero ricordo o la commemorazione di qualcosa accaduto più di duemila anni fa.
E’ la concretezza di un Dio che viene, ancora oggi, ancora ogni giorno, a farsi carne nella nostra vita, ad abitare le nostre case, le nostre storie.
C’è un tempo ben preciso in cui si compie la nascita storica di Gesù: il tempo di Cesare Augusto, imperatore di Roma, e di Quirino, governatore della Siria.
C’è una esperienza ben precisa che caratterizza quei giorni, ovvero il censimento ordinato dall’impero per cui «tutti andavano a farsi registrare, ciascuno nella propria città».
Forse, proprio per questo motivo, per questo gran movimento di persone causato da tutto ciò, Maria e Giuseppe non trovano posto in albergo e sono costretti ad adattarsi in una stalla.
Ci sono, poi, i pastori, che svolgono il loro lavoro, i quali «pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge». Un tratto di storia e di vita ordinario, quotidiano!
Cosa significano queste annotazioni che potrebbero sembrare banali o normali indicazioni? Che la nascita di Gesù non ferma la storia, non azzera la storia precedente per cominciarne un’altra completamente nuova.
Dio prende carne proprio in questa nostra umanità, prende carne nella storia concreta di noi uomini e donne, Dio decide di incontrare l’uomo e abitare con lui, lì dove l’uomo stesso vive, nella sua quotidianità.
Nessun ingresso trionfale, nessuna apparizione miracolosa, nessuna irruzione violenta o potente!
«…un bambino è nato per noi», scrive il profeta Isaia; questo il segno, un bambino appena nato «avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». Un Dio che si appresta a vivere e crescere nella storia dell’uomo, come uomo, per l’uomo. Un Dio che sceglie questa modalità di stare con l’uomo per farsi, per l’uomo, «Consigliere Mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace».
Un Dio che, accanto a noi, viene ad insegnarci a «rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà».
Accogliamo, allora, l’invito dell’angelo ai pastori, «Non temete…»: Dio viene a dare tutto se stesso per noi, a farsi nostro compagno di viaggio, a liberarci da “gioghi, sbarre e bastoni” che ci opprimono…Dio viene “personalmente” e viene ogni giorno, ogni istante…viene, pieno di zelo, per essere, nella vita di ciascuno, quella luce capace di illuminare le nostre tenebre, le nostre paure, le nostre indifferenze, la nostra mancanza di speranza. Viene, come bambino, per restituire genuinità, spontaneità, freschezza e vivacità ai nostri cuori, per farci assaporare il gusto della vita che, nel quotidiano, è chiamata a farsi voce del suo amore gratuito.
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