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Cosa prevede la legge di bilancio 2018

Stefano De Martis

Alla fine la legge di bilancio 2018 è diventata un testo di oltre 1.200 commi. C’era da aspettarselo, visto che si trattava dell’ultima manovra economica della legislatura.  Si sono moltiplicate le micro-norme collegate ai tanti interessi in campo tra le forze rappresentate in Parlamento (tutte, nessuna esclusa), a cui si sono aggiunte quelle che in momenti ordinari vengono solitamente convogliate nel “decreto milleproroghe” di fine anno. Ma stavolta la legge di bilancio era l’ultimo treno disponibile. La sua impostazione di fondo, tuttavia, è rimasta quella originariamente prevista nel testo elaborato a ottobre dal governo, anche perché i margini di movimento erano molto ridotti: anche quest’anno, infatti, occorrevano 15,7 miliardi di euro soltanto per disinnescare la clausola di salvaguardia introdotta nel 2011 e che prevede l’automatico aumento dell’Iva in caso di scostamento dai vincoli di bilancio fissati in sede europea. Un impegno a cui nessun governo avrebbe potuto sottrarsi, dovendo evitare un aumento che sarebbe letale per un’economia che finalmente ha ripreso a camminare, sia pure a ritmi non entusiasmanti.

Gli altri punti che l’esecutivo aveva indicato in partenza come qualificanti erano la riduzione del cuneo fiscale per incentivare l’occupazione giovanile e il finanziamento del Rei, il Reddito di inclusione, per contrastare la povertà. Ad essi si erano aggiunti in corso d’opera degli interventi sulle pensioni dopo l’accordo con parte dei sindacati.

Sul primo punto, quello del lavoro giovanile, la legge di bilancio approvata prevede uno sgravio del 50% per i  primi tre anni nei contratti a tempo indeterminato (a tutele crescenti, per essere precisi) stipulati dai datori di lavoro con gli under 35 al primo impiego stabile. Il limite di età scenderà a 29 anni nel 2019. In alcuni casi (nel Mezzogiorno per un anno o in caso di assunzione dopo alternanza scuola-lavoro e apprendistato) lo sgravio arriverà al 100%.

Nel campo alla lotta contro la povertà, viene aumentato di 300 milioni (che diventeranno 700 nel 2019 e 900 nel 2020) lo stanziamento previsto per il Reddito di inclusione, portando a oltre 2 miliardi il finanziamento previsto per il 2018. Il che consentirà di allargare la platea dei beneficiari e di incrementare gli importi, favorendo le famiglie numerose. Le somme stanziate sono largamente insufficienti rispetto ai numeri della povertà assoluta, ma al governo va riconosciuto che per la prima volta l’Italia riesce a dotarsi di uno strumento di questa natura.

Sul versante della previdenza, viene portato da 11 a 15 il numero delle categorie che possono accedere all’APe sociale, l’anticipo pensionistico che riguarda i lavoratori impegnati in attività gravose o usuranti. Sempre rispetto all’età pensionabile, viene riconosciuto alle donne lavoratrici un bonus di un anno per ogni figlio, con un massimo di due anni.

Tra le misure che più direttamente riguardano la famiglia, c’è da segnalare un ridimensionamento del “bonus bebè” di 960 euro,

che in origine doveva diventare strutturale e invece viene circoscritto al 2018 e sarà erogato solo per il primo anno di età e non per 36 mesi. Spetta a chi ha un reddito Isee familiare fino a 25 mila euro l’anno. Se il reddito scende sotto i 7 mila euro l’importo del bonus raddoppia. Per quanto riguarda le detrazioni, nel 2019 salirà da 2.840 a 4 mila euro il tetto di reddito per essere considerati fiscalmente a carico, limitatamente ai figli fino a 24 anni. Viene anche istituito un fondo di 60 milioni in tre anni per sostenere gli interventi legislativi a favore di chi assiste familiari non autosufficienti (“caregiver”).

In materia di sanità, 60 milioni vengono stanziati annualmente per ridurre la quota aggiuntiva sulle prestazioni di assistenza specialistica, il famigerato “superticket”.

Impossibile, ovviamente, dar conto di tutte le misure contenute in un testo così ampio e dispersivo. Ci sono passaggi importanti come i fondi per il rinnovo del contratto degli statali (arrivato dopo ben 8 anni di attesa) e le norme sulla fatturazione elettronica in chiave anti-evasione fiscale. Conferma e qualche novità nel settore degli ecobonus e nelle detrazioni per le ristrutturazioni in condomini e giardini privati. Potenziato anche il piano “Industria 4.0” che sta dando risultati notevoli in termini di ripresa degli investimenti. Con una novità significativa: l’introduzione di un credito d’imposta del 40%, fino a 300 mila euro, per le spese di formazione del personale dipendente  nel settore delle nuove tecnologie. La Coldiretti segnala con molto favore la norma che autorizza i contadini a vendere direttamente i propri prodotti anche quando siano derivati da processi di trasformazione e quindi pronti per il consumo. La Fism, invece, denuncia con un più che giustificato disappunto la cancellazione dei 50 milioni per per le scuole materne paritarie che erano stati accolti come una positiva novità della legge di bilancio 2017.

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