Pubblichiamo l’omelia pronunciata dal Vescovo Carlo Bresciani durante la Messa di Natale
La nascita del figlio di Dio, Gesù, a Betlemme ci conferma ancora una volta che Dio ama talmente il mondo da immergersi nelle sue contraddizioni, prendendole su di sé per aiutare noi ad uscirne, indicandocene la strada. Prendendo corpo umano da Maria, Dio assume in sé una parte di mondo, la carne umana appunto, e ciò significa che egli ama tutto ciò che è nel mondo, tranne il male.
Questa è la bella notizia del Natale: Dio ama questo mondo e appunto per questo viene nel mondo per aiutarci a renderlo migliore, partendo da noi. Come Dio ama il mondo, e noi nel mondo, anche noi dobbiamo imparare da Dio ad amare noi stessi e il mondo in cui viviamo. La questione è che spesso noi non sappiamo amare noi stessi e diventiamo causa dei nostri mali, oltre che dei mali altrui. Adamo ed Eva, cercando di diventare essi stessi dio, spinti dalla tentazione del maligno, credevano che questo fosse il modo per volersi bene: fecero il loro male lasciandosi guidare dalla superbia e dall’invidia; la introdussero nel mondo e fu la causa di tutti i mali e di tutte le violenze.
Gesù entra nel mondo: in quella povera culla, avvolto in miseri panni, non c’è alcuna superbia o volontà di potere, ma solo debolezza e povertà; non c’è alcuna invidia dei potenti del mondo che ostentano la loro ricchezza, spesso frutto di corruzione e di denaro rubato ai poveri.
Non è questa la grandezza di Dio; non è abbracciando questa strada che l’essere umano ama se stesso e il mondo. Questa è la vecchia strada di Adamo ed Eva che porta a rendere il mondo non più un terreste paradiso, ma una terra di lacrime e di dolore.
Se Dio nasce in queste condizioni che noi ammiriamo davanti alla grotta di Betlemme non è certo frutto di uno sfortunato caso: il caso non entra nei progetti di Dio. Adamo ed Eva volendo essere come Dio, presero dell’albero che non era loro, perché Dio l’aveva riservato a sé. Invidiosi di Dio, vollero essere come lui, prendendo ciò che non era per loro. Presero ciò che loro non era: e questa è una volontà di potenza; è la superbia di chi pretende di poter disporre di ciò che non è suo, di chi pretende di essere più degli altri. Ma proprio questa è la fonte di ogni violenza che distrugge le umane relazioni e la stessa relazione con Dio.
Dio fa esattamente l’opposto: viene nel mondo, ma in quella umile grotta non c’è la minima traccia di un atteggiamento superbo nei confronti degli uomini o che manifesti volontà di potenza; non c’è alcuna traccia di invidia nei confronti di chi abita palazzi lussuosi o traccia di rancore per non aver trovato un posto migliore. C’è solo l’umiltà di chi per amore si abbassa per andare incontro anche agli ultimi.
Sta proprio qui l’insegnamento del Natale: non ama se stesso chi con superbia e invidia cerca di imporsi sugli altri, magari appropriandosi di ciò che non è suo. Questa è la storia che tanti mali ha portato e continua a portare all’umanità. È la storia delle lotte fratricide, come quella di Caino e Abele; è la storia di chi non ama questo mondo e lo sta depredando rendendo sempre più difficile anche la vita di tanti esseri umani, molti dei quali costretti ad emigrare.
Dio, facendosi uomo e nascendo in quella povera grotta di Betlemme, ci sta dicendo che questa storia deve essere capovolta: non volontà di potenza e di ricchezza la deve guidare, ma volontà di amore che non si impone a nessuno, che non fa violenza a nessuno e che non pretende di prendere ciò che non è suo con l’illusione di affermare in tal modo se stesso e la propria superiorità sugli altri. È esattamente quello che Gesù ha poi affermato nei suoi insegnamenti: “chi vuol essere il primo tra voi sia il servo di tutti” (Mc 10, 44) e lo faccia con amore.
Di questo ha bisogno il mondo, di questo ha bisogno la Chiesa: la salvezza non può venire che da qui ed è quello che Gesù ci mostra nel Natale, mettendolo per primo in pratica, lui che è il Figlio unico di Dio.
Per amore nostro e per insegnarci che questa è la via della salvezza, egli si fa uomo in una piccola grotta di un piccolo paese di Giudea: si fa ultimo degli ultimi in tutto, fuorché nel suo cuore immenso che ama e vuole la salvezza dell’umanità. Sapremo noi accogliere questo insegnamento? Quando lo saprà cogliere questo nostro mondo così ricco di ogni bene, ma così povero di amore e così restio a condividere la ricchezza che Dio ha dato per tutti?
Non illudiamoci: se giudichiamo la riuscita del Natale in base all’aumento dell’indice dei consumi e delle vendite, o alla maggiore o minore diffusione delle luminarie, ma non in base all’aumento del tasso di amore tra di noi e nel mondo, non abbiamo ancora colto e non stiamo vivendo il vero senso del Natale. Non avremo capito quello che Dio ha cercato di comunicarci per aiutarci a venire fuori dalle pastoie dei molti mali del mondo che hanno la loro origine nella incapacità di amare.
Non ci salverà la ricchezza, non ci salverà la quantità dei consumi, non ci salverà la superiorità sugli altri, non ci salverà la possibilità di dominare altri (magari con la corruzione o la violenza), ci salverà solo la capacità di amare, facendosi anche piccoli e, se necessario, come Gesù servi di coloro che hanno bisogno di amore.
Carissimi il Natale ci ricorda che Dio ama ciascuno di noi, e per noi il mondo; ci ama proprio perché ci insegna questo e ce lo insegna con la sua vita. Tanto più faremo nostro questo insegnamento, tanto più saremo entrati nel vero spirito del Natale: avremo compreso qualcosa del cuore di Dio e saremo sulla via della salvezza: inizierà una vera storia di pace tra l’uomo e la donna, tra diverse nazionalità e religioni, tra nord e sud del mondo. Ci sarà tra noi quella pace che gli angeli hanno annunciato sulla grotta di Betlemme.
Questa pace auguro a tutti voi carissimi: che essa entri nelle vostre case e nelle vostre famiglie, nelle nostre città e nei paesi e anche nei cuori di chi governa le nazioni. E così sia Natale vero di Dio per tutti e in tutti.