DIOCESI – Abbiamo intervistato don Ulderico Ceroni, Canonico teologo e Direttore dell’Ufficio liturgico diocesano, sugli spazi liturgici della chiesa.
Don Ulderico vogliamo chiederti di parlarci del significato degli spazi liturgici e perché è importante il loro rispetto. In particolare vorremmo che parlassi ai nostri lettori del significato e dell’importanza dell’altare e dell’ambone.
In ogni religione l’altare è centro del culto sacrificale e segno della presenza divina, centro del mondo, in cui è visibile l’asse cosmico che congiunge cielo e terra.
L’altare cristiano ha la sua specifica origine nella mensa dell’ultima cena. Attorno ad essa Gesù raduna nell’intimità affettuosa i suoi apostoli: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15-20). È su questa tavola che Gesù pone il suo corpo e il suo sangue nel simbolo del pane e del vino, quale realizzazione del sacrificio profetico dell’agnello pasquale ebraico. Per questo la tavola della sala conviviale appare così anche altare sacrificale. L’altare è icona di Cristo. Le Premesse al Rito della Dedicazione di un altare, al n. 152, ricordano che: «Gli antichi padri della Chiesa, meditando sulla Parola di Dio, non esitarono ad affermare che Cristo fu vittima, sacerdote e altare del suo stesso sacrificio», secondo quanto è detto dalla lettera agli Ebrei (Eb 13,10). Cristo è l’altare del grande sacrificio perché è lui stesso che si rende strumento per offrire se stesso al Padre e successivamente a tutti noi: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato […] Allora ho detto: Ecco io vengo […] per fare o Dio, la tua volontà […] Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo […] avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre si è assiso alla destra di Dio» (Eb 10,5-12; Sal 40,7-9). L’altare cristiano è segno permanente di Cristo sacerdote e vittima, fondamento, capo e centro della Chiesa.
Se l’altare è la mensa della cena eucaristica ed il luogo del sacrificio di Cristo Gesù, l’ambone è il luogo dell’annuncio della buona e bella notizia. L’annuncio per eccellenza che porta a compimento tutte le profezie è quello dato il mattino del giorno dopo il sabato alle discepole di Gesù, che in lacrime si sono recate al sepolcro a completare il rituale della sepoltura, frettolosamente interrotto per il riposo sabbatico: «Perché cercate tra i morti colui che e vivo! Non e qui, è risuscitato! Andate ad annunciarlo ai suoi!» (Lc 24,5-6).
L’ambone è quindi il sepolcro vuoto sul quale siede l’angelo del Signore, messaggero della Pasqua per la comunità cristiana di tutti i tempi. Per questo dall’ambone si proclamano le Scritture del Primo e del Nuovo Testamento, tutte orientate a spiegare il mistero della risurrezione del Signore crocifisso e morto per noi.
Germano di Costantinopoli dà dell’ambone la seguente definizione: «icona del santo sepolcro: l’angelo ne rotolò via la pietra e stava lì poi ad annunciare la risurrezione del Signore alle donne mirrofore».
In quanto simbolo, l’ambone è presenza vicaria della tomba vuota, ed è presenza efficace dell’annuncio pasquale. Soprattutto la notte di Pasqua, nella veglia madre di tutte le veglie, l’ambone viene solennemente vestito a festa, perché da esso si canta l’Exultet e si proclama la bella notizia della risurrezione di Cristo. Ciò ne determina l’ornamento pasquale con fiori e profumi e accanto ad esso viene collocato il cero pasquale che arderà fino a Pentecoste, nel lietissimo spazio dei 50 giorni.
La parola ambone trova il suo significato in un’antica parola greca che sta a significare: salire in alto, camminare verso, cioè indicherebbe un luogo elevato al quale si sale.
All’ambone la Parola di Dio è proclamata con solennità: con l’intenzione di comunicarla alla comunità radunata, perché sia ascoltata, meditata e diventi motivo d’azione. È dunque un annuncio coinvolgente: «Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati»; induce ad aderire al messaggio salvifico con riconoscenza e con disponibilità alla volontà di Dio.
È la dignità della Parola di Dio ad esigere un luogo solenne per la sua proclamazione, tale che questo possa trovare facilmente tutta l’attenzione dovuta. È il luogo riservato al libro delle sante Scritture, al diacono e al lettore che, per diritto e dovere, vi accedono per la proclamazione della Parola, e al cantore per il canto del salmo responsoriale.
Quali possono definirsi “usi impropri” di questi spazi, tra quelli che vediamo che di essi si fanno durante le celebrazioni?
Si può definire uso improprio dell’altare certamente appoggiare fiori, candele o altri addobbi, l’utilizzo per l’omelia … data la sua importanza e centralità sia nella nostra fede che nell’ambito della liturgia, deve essere utilizzato semplicemente per compiere il sacrificio eucaristico, per poggiare il messale con il microfono nel tempo strettamente necessario alla celebrazione eucaristica non in maniera permanente fuori dalla Messa.
Per quanto riguarda l’ambone, si proclamano le letture, il salmo responsoriale e l’annuncio pasquale; vi si possono tenere l’omelia e la preghiera universale.
Non conviene che vi salgano il commentatore, il cantore o l’animatore del coro, o che diventi supporto per libri diversi dal Lezionario e dall’Evangeliario.
Ti chiediamo ancora qualche spiegazione circa la sede della presidenza liturgica, spieghiamo il suo significato ai nostri lettori.
Il seggio potrebbe essere definito la scoperta della riforma liturgica del concilio Vaticano II. Esso non è propriamente la ripresentazione di quello esistente un tempo nelle basiliche, e cioè della cattedra episcopale, tuttora esistente in rari ma meravigliosi esempi, di cui purtroppo non sempre è stata conservata la funzione e neppure la collocazione originale, ma piuttosto emanazione di questa.
Non è solo un oggetto funzionale al bisogno di far sedere colui che presiede ma insieme con l’ambone e l’altare è uno dei poli principali della celebrazione e richiama una delle forme di presenza di Cristo nella liturgia: assemblea, parola, ministro e pane eucaristico.
La cattedra episcopale che esprime la regia generale della comunità e sottolinea in particolare un ruolo preciso del Vescovo, quello cioè dell’insegnamento, comunicante la Parola di Dio. Quasi a tradurre iconograficamente questa verità, nel catino absidale, al di sopra della cattedra stessa, veniva rappresentato il Pantocratore o la «Maiestas Domini»; in queste immagini il Cristo, seduto su un seggio, tiene nella mano sinistra il libro, e con la destra esprime il gesto allocutorio.