DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto
«Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». I Magi cercano un bambino, un bambino appena nato. Un segno nel cielo è apparso loro e, seguendo quel segno, quella stella, hanno iniziato la loro ricerca che li ha condotti fino in Giudea.
E’ questa l’Epifania: la festa dell’incontro tra l’uomo cercatore di Dio e il Dio che si manifesta all’uomo, che è in cerca dell’uomo.
Se ci sono i Magi, partiti dall’Oriente, c’è, al contempo, un Dio che si è fatto Bambino, un Dio “in partenza” dal cielo per prendere carne umana, per venire ad abitare in mezzo all’uomo, per incontrare l’uomo “faccia a faccia”.
Se c’è una strada, un percorso ancora ignoto, c’è, comunque, un segno, una stella che, per prima, corre incontro ai Magi per guidarli ed accompagnarli.
Scrive Abraham Heschel, filosofo ebreo: “La maggior parte delle teorie religiose cominciano definendo la situazione religiosa come una ricerca di Dio da parte dell’uomo e affermano l’assioma che Dio è silenzioso, nascosto e indifferente alla ricerca di Lui da parte dell’uomo. La Bibbia parla non solo di ricerca di Dio da parte dell’uomo ma anche di ricerca dell’uomo da parte di Dio. Dio insegue l’uomo”.
Anche il profeta Isaia, nella prima lettura, ce lo conferma: «Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te».
L’uomo si alza, si mette in movimento perché c’è già un Dio che «viene», un Dio in movimento verso di Lui, verso ciascuno di noi.
È un venire quotidiano, attraverso la sua Parola, un venire sommesso, silenzioso, ineffabile, misterioso. A noi saperlo riconoscere e andargli incontro.
Non è facile, ce lo dicono Erode, i capi dei sacerdoti, gli scribi del popolo: studiosi ed esperti delle Scritture Sacre, non hanno saputo leggere correttamente i segni e le “parole” che il Signore non ha mai mancato di donare al suo popolo.
“Leggere” la Parola di Dio, infatti, intessere una relazione con il Dio che ci viene incontro, non è questione solo di “testa”, non prevede ragionamenti, calcoli, non chiede di ponderare e soppesare ma necessita del discernimento del cuore, chiede il coraggio, quello dimostrato dai Magi, di fidarsi, di affidarsi, di iniziare a cercare, a camminare pur non avendo chiara la destinazione finale.
I Magi lasciano le sicurezze e le conoscenze acquisite, i loro itinerari già noti per seguire non le loro idee, le loro intuizioni, le loro emozioni bensì la stella, sorgente e fonte del loro desiderio.
«Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria, sua madre, si prostrarono e lo adorarono, Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra»: oro, simbolo di regalità, incenso simbolo di divinità, mirra simbolo di umanità, di mortalità. Un Bambino, cioè, che riconoscono Dio, unico Signore della loro vita, l’unico Re a cui affidare la propria vita; un Dio che riconoscono nella carne di quel Bambino e che, uomo come noi, ci accompagna nel percorso di vita.
«Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese»: l’ascolto di questa Parola ci faccia riprendere la strada verso casa, la strada della nostra vita, la strada che è la nostra vita nella consapevolezza di un Dio che ci cerca, desidera amarci, accompagnarci, un Dio che, se usciamo per incontrarlo, se abbiamo il coraggio, la volontà, il desiderio, la fiducia e la gioia di uscire per incontrarlo, lo troviamo che viene già verso di noi!