“Il crescente movimento islamista diventa sempre più una minaccia per i cristiani e le altre comunità non musulmane in molte parti del mondo”, spiega il World Watch List 2018, che identifica cinque trend preoccupanti: “la radicalizzazione delle aree dominate dall’islam”, in Africa e nel mondo musulmano non arabo asiatico; “il divario sunniti-sciiti” che si scontrano soprattutto in Medio Oriente e Asia; l’espansionismo islamico in aree a prevalenza non musulmana (specie in Africa sub-sahariana, e Indonesia, Malesia, Brunei); la simultanea radicalizzazione ed espansionismo islamico, con il caso principale della Nigeria e una pulizia etnica in base ad affiliazione religiosa, in evidente crescita in alcuni stati africani quali nordest del Kenya, della Nigeria, della Somalia e del Sudan. A colpire i cristiani in Asia è invece il “nazionalismo religioso” paragonato a “uno tsunami” che “scuote il continente lasciandosi alle spalle distruzione e a volte morte”. L’India è di fatto il caso più preoccupante, seguito dal Nepal. La tendenza si registra anche nel mondo buddista, dove si manifesta una “persecuzione differente nelle espressioni ma crescente e più subdola”: è il caso di Sri Lanka, Bhutan e Myanmar. Pesante è anche “l’impatto dei nazionalismi ideologici”, in Cina, Vietnam e Laos dove “l’ideologia comunista sembra riprendere vita”. Il rapporto riconosce poi la “paranoia dittatoriale” come fonte principale di persecuzione in Paesi come la Corea del Nord e l’Eritrea; i cristiani in Messico e Colombia sono invece vittime di “corruzione e crimine organizzato uniti ad antagonismo etnico”. “Buone notizie” nel Rapporto sono il leggero miglioramento della situazione in Kenya ed Etiopia, e il “calo notevole della violenza mirata contro i cristiani” in Siria, in primo luogo per l’arretramento dell’Isis.

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