“La costante crescita degli aborti volontari oltre i 90 giorni, che nel 2016 sono diventati 4.432, il 5,3% di tutti gli aborti, cioè più che decuplicati rispetto allo 0,5% del 1981, dovrebbe destare in tutti viva preoccupazione”. Lo scrive in una nota l’Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici (Aigoc), alla luce della diffusione della relazione del ministro della Salute sull’applicazione della legge 194/1978 al Parlamento nell’anno 2016.
“Nelle sue 129 pagine mai è stato fatto cenno alle prime vittime di questa legge, cioè ai 5.830.930 embrioni-feti umani uccisi in 40 anni, né alle altre vittime di questa legge mortifera”, contesta l’Aigoc. L’associazione precisa poi che “nella relazione come un mantra viene più volte ripetuto che ‘l’aborto non è mai stato un mezzo di controllo delle nascite’, ma alcune affermazioni e i dati contenuti nella stessa relazione mostrano l’esatto contrario”. In particolare i ginecologi e gli ostetrici cattolici segnalano che “il tasso maggiore di abortività volontaria si registri nelle classi di età comprese tra i 20 e i 34 anni con il massimo nel gruppo di età 25-29 anni. Se a questo dato aggiungiamo che il 54,8% delle donne che hanno abortito nel 2016 sono nubili, che il 39,4% non ha alcun figlio e che il tasso di fecondità totale sia sceso a 1,34 figli/donna e che l’età media del primo parto nelle italiane è 32,4 anni, abbiamo tutti gli elementi necessari per comprendere che l’aborto volontario entro i 90 giorni è usato come mezzo per il controllo delle nascite”.