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Monache Clarisse: “Cosa significa convertirsi?”

DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto

«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea proclamando il Vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”».
Cosa significa convertirsi? Tutta la Parola di questa domenica ce lo spiega.
«Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza»: così canta il salmista. Convertirsi, allora, è innanzitutto riconoscere la nostra povertà, il nostro limite, il nostro bisogno di essere accompagnati nel cammino della vita, di essere guidati, la necessità di affidarci a quel Dio che, unico, «indica ai peccatori la via giusta; guida i poveri secondo giustizia, insegna ai poveri la sua via».
«Ricordati Signore della tua misericordia e del tuo amore che è da sempre. Ricordati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore». Convertirsi è prendere consapevolezza che il Dio a cui vogliamo affidarci non è un despota di cui aver paura ma un Padre traboccante di amore verso i suoi figli, un Dio «buono e retto» desideroso di costruire una relazione profonda con ciascuno di noi.
Leggiamo nella prima lettura tratta dal libro del profeta Giona: «I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia…»: certi di un padre che ci ricolma del suo amore, la nostra vita non può non diventare strumento di questo amore, segno evidente di un agire che vuol essere, anche da parte nostra, frutto e sorgente di misericordia, bontà, giustizia.
Così è stato per Andrea e Simone: «Gesù disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito lasciarono le reti e lo seguirono». Così è stato per Giacomo e Giovanni: «E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a Lui». La sequela radicale è la conseguenza naturale dell’incontro con chi sappiamo riconoscere l’unico Signore della nostra vita, l’unico Padre, l’unica guida, l’unica “compagnia” di vita.
San Paolo scrive ai Corinzi: «…d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente…»: nessuna richiesta di azzerare completamente la nostra vita, i nostri affetti, le nostre relazioni, quanto abbiamo costruito, i nostri sogni, i nostri desideri, la realtà che viviamo e che, faticosamente, conquistiamo giorno dopo giorno.
La conversione che Cristo ci chiede è continuare a costruire, a vivere, insieme con Lui, nell’affidamento continuo a Lui, lasciandoci aiutare da Lui, dalla sua Parola, nel continuo discernimento di ogni giorno, non ritagliando o mendicando, per il nostro stare con Lui, qualche spazio o tempo qua e là ma facendo di Cristo il perno che tiene in piedi, che dà senso, che dà sapore, che dà sostanza ed energie quotidiane ad ogni nostro pensare, agire, desiderare.

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