“Tante volte penso che noi non insegniamo al nostro popolo ad adorare”. Lo ha detto il Papa, che nell’omelia della messa celebrata ieri a Santa Marta, ha chiesto ai parroci di insegnare la preghiera di adorazione, che si nutre di due parole: “ascolta e perdona”. La preghiera di adorazione, ha spiegato Francesco, non è quella degli scrivi, che l’avevano “barocchizzata”, resa barocca “con tante prescrizioni”. È invece quella dell’arca dell’alleanza, in cui non c’era nulla se non tavola di pietra. “L’alleanza nuda: io ti amo, tu mi ami”: il primo comandamento, amare Dio e, secondo, amare il prossimo. Noi, spesso, “insegniamo a pregare, a cantare, a lodare Dio, ma ad adorare… La preghiera di adorazione, questa che ci annienta senza annientarci: nell’annientamento dell’adorazione ci dà nobiltà e grandezza”. Di qui l’invito ai parroci, soprattutto quelli di recente nomina: “insegnate al popolo ad adorare in silenzio, adorare”. “Possiamo arrivare lì soltanto con la memoria di essere stati eletti, di avere dentro al cuore una promessa che ci spinge ad andare e con l’alleanza in mano e nel cuore”, ha raccomandato Francesco: “E sempre in cammino: cammino difficile, cammino in salita, ma in cammino verso l’adorazione”. “Adorare in silenzio con tutta la storia addosso e chiedere: ‘Ascolta e perdona’”. L’invito finale del Papa: “Ci farà bene, oggi, prendere un po’ di tempo di preghiera, con la memoria del nostro cammino, la memoria delle grazie ricevute, la memoria dell’elezione, della promessa, dell’alleanza e cercare di andare su, verso l’adorazione, e in mezzo all’adorazione con tanta umiltà dire soltanto questa piccola preghiera: ‘Ascolta e perdona’”.