DIOCESI – Da pochi giorni si sono conclusi gli appuntamenti diocesani organizzati dall’Ufficio per l’Ecumenismo, diretto da Don Vincent Ifeme, in occasione della “settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”.
Durante uno di questi incontri è stato relatore il prof. Riccardo Burigana, direttore del Centro Studi per l’Ecumenismo in Italia. Lo abbiamo intervistato.
Stiamo vivendo una stagione di straordinaria vivacità del cammino ecumenico, soprattutto dopo l’elezione di papa Francesco, che ha aperto nuove prospettive all’ecumenismo, sviluppando e approfondendo quanto era stato fatto dai suoi predecessori, a partire da Giovanni XXIII, che ha convocato il concilio Vaticano II il 25 gennaio 1959. Proprio la celebrazione del Vaticano II ha segnato una svolta nelle forme e nel contenuto della partecipazione della Chiesa Cattolica al movimento ecumenico, aprendo nuove prospettive al cammino ecumenico. Sono stati firmati dichiarazioni comuni e documenti teologico-pastorali con i quali si è favorita una migliore conoscenza tra cristiani, trovando delle soluzioni a questioni che per secoli avevano diviso i cristiani. Accanto a questa riflessione teologica, che è stata portata avanti in tanti dialoghi bilaterali, si sono moltiplicate le occasioni nei quali i cristiani hanno scoperto quanto li univa nella testimonianza quotidiana di Cristo, Salvatore delle genti.
Alcuni teologi affermano che come cattolici stiamo “scimmiottando” i protestanti invece di dirigerci più verso gli ortodossi, dove probabilmente abbiamo più punti in comune. Cosa ci può dire in merito?
In una stagione nella quale si fanno passi del tutto inaspettati solo pochi anni fa – da questo punto esemplare è stata la “commemorazione comune” del 500° anniversario dell’inizio della Riforma, vissuto in un modo inimmaginabile fino al 31 ottobre 2016, quando papa Francesco e il vescovo luterano Younan Munib, presidente della Federazione Luterana Mondiale, hanno celebrato una preghiera ecumenica con la quale iniziare questo anniversario – è naturale che ci siano paure e preoccupazioni che generano commenti che non tengono conto della ricchezza e della complessità del cammino ecumenico, ma che puntano a scegliere una strada rispetto a altre, mentre il cammino ecumenico è fatto da mille strade. Esistono punti di condivisione e differenze essenziali tra la Chiesa Cattolica e le altre Chiese, da quelle nate dall’esperienza della Riforma del XVI secolo e dalle sue riletture a quelle che fanno parte del mondo ortodosso e a quelle orientali, che non fanno parte di questo mondo.
Come faremo a superare le divisioni, con alcune confessioni, date dal Primato di Pietro e dall’Eucarestia?
Da anni la forma di esercizio del Primato di Pietro e la natura e il valore dell’eucaristia per la Chiesa sono oggetto di un vivace dibattitto teologico che desidera giungere a una formulazione condivisa, senza perdere neanche uno iota della dottrina e della tradizione viva che nei secoli hanno favorito una sempre migliore comprensione di questi due elementi. Si tratta di un dibattitto, che ha assunto una molteplicità di forme, come appare evidente se si leggono alcuni documenti, come la sempre attuale enciclica Ut unum sint di papa Giovanni Paolo II, e la riflessione teologica nato da questi documenti e intorno a questi documenti, questo dibattito è importante anche per può aiutare le singole Chiese a comprendere la loro identità, alla luce della “gerarchia delle verità”, uno dei pilastri del rinnovamento ecclesiale, voluto dai padri del concilio Vaticano II e portato avanti dai pontefici, da Paolo VI a papa Francesco nella lunga stagione della recezione del Vaticano II
Lei durante l’incontro ha paragonata il cammino ecumenico ad una nave che scende un fiume. Può spiegarci il suo significato?
In questo tempo del dialogo ecumenico, nel quale si coglie una profonda sintonia tra i capi delle Chiese e dei principali organismi ecumenici, si devono cercare immagini con le quali promuovere una reale condivisione di quanto viene fatto e detto, spesso anche sottoscritto, per vivere una comunione sempre più piena e visibile. L’immagine della barca che scorre un fiume può servire a comprendere quanti passi sono stati fatti dall’inizio del movimento ecumenico contemporaneo, attraverso una serie di passaggi, con soste, dove sono saliti sulla nave tanti cristiani, chiamati a condividere questa esperienza – vivere insieme su una barca, dove non ci si può preoccupare solo del proprio compito, ignorando quello che capita al proprio vicino – che ha tempi indefiniti, come è, spesso, il corso del fiume dove si possono vivere tempi di secca e di piena, con la certezza che il fiume un giorno arriverà al mare che non è un fiume più grande, una sorta di “superchiesa”. ma qualcosa di profondamente diverso anche se apparentemente uguale: navigheremo un giorno nel mare aperto dell’unità, come e quando il Signore vorrà, ma è certo che la scelta di percorrere il fiume verso il mare è “una scelta irreversibile, che non si può fare a retromarcia”. come ricorda spesso papa Francesco.