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Negli Usa aumenta il numero di arresti ai danni di immigrati

Maddalena Maltese

Carlos, guatemalteco e padre di 5 figli, alle 6.30 del mattino stava caricando gli attrezzi sul suo camion, quando gli agenti dell’immigrazione lo hanno fermato chiedendogli informazioni sui vicini perché era in corso una retata. Quando l’uomo non ha saputo rispondere alle domande specifiche sul caso, poiché ignorava le attività illecite del quartiere, gli sono stati chiesti i documenti e Carlos rischia l’espulsione perché senza permesso di soggiorno e di lavoro. Siamo a Houston, in Texas, uno degli Stati che, assieme a Florida e Oklahoma, secondo il Pew Center, il centro di ricerche sociale di Washington, nell’ultimo anno ha visto aumentare di oltre il 50 per cento gli arresti compiuti dall’agenzia per l’immigrazione (Ice). I dati pubblicati dall’agenzia parlano di 143.470 persone arrestate, il 30 per cento in più rispetto all’anno precedente.Da fine gennaio a settembre, inoltre, sono state messe in prigione 110.568 persone, più 42 per cento sull’anno precedente.

L’ordine esecutivo firmato dal presidente Trump lo scorso 25 gennaio estende l’applicazione delle norme dell’Ice alla maggior parte degli immigrati negli Stati Uniti senza autorizzazione, indipendentemente dal fatto che abbiano precedenti penali o meno. Questi ultimi erano stati il principale obiettivo della precedente amministrazione, ma oggi il raggio di azione si è notevolmente esteso. La classifica delle città e delle aree che contano il più alto numero di arresti è guidata da Miami, seguono Dallas e St. Paul, poi New Orleans, Atlanta, Boston e Detroit.

L’area di New York ha registrato il minor numero di arresti Ice nel 2017 (circa 2.600), sebbene l’area metropolitana includa il più alto numero di immigrati non autorizzati del Paese, sempre secondo le stime del Pew Research Center.

New York ha limitato la cooperazione con le procedure federali di immigrazione e sta tentando di rafforzare il suo status di “città santuario” espandendo le protezioni per questi immigrati.

Va precisato che molte delle politiche sulle città santuario sono state varate prima dell’entrata in carica di Trump, ma ora si sono estese più metropoli. Gli agenti hanno comunque posto in arresto 498 persone in città che limitano la cooperazione di polizia con l’agenzia dell’immigrazione, e questo ha provocato non pochi ricorsi alle corti statali e federali.

A sorpresa sono diminuiti gli arresti nelle aree di confine con il Messico: gli agenti della protezione doganale parlano di 310.531, il numero più basso degli ultimi 45 anni e un calo del 25 per cento rispetto al 2016.

Simon Sandoval-Moshenberg, direttore del Programma di difesa degli immigrati del Centro per la giustizia di Los Angeles, ha dichiarato a LATimes che “la cattura random degli immigrati illegali rientra in un piano non focalizzato alla diminuzione dei crimini, ma piuttosto all’aumento della paura”. La sua strategia e quella di tanti avvocati è di “chiedere ai giudici di non eseguire gli ordini di espulsione per chi viene trattenuto durante operazioni di polizia che non lo riguardano direttamente e finisce nella sfera degli arresti collaterali”. E’ questo il caso di Juan Hernandez che ha visto arrivare sul lavoro due agenti, non chiaramente identificabili che, con armi alla mano, hanno arrestato assieme a lui i meccanici, un cliente, un venditore e il proprietario dell’officina che il giorno dopo è stato espulso. Hernandez è stato in prigione per un mese. Uscito sotto cauzione è ora in attesa del processo perché immigrato clandestino. Il suo caso ha fatto scalpore e ha costretto l’agenzia per l’immigrazione a una dichiarazione pubblica in cui sosteneva che “l’Ice non prende di mira le persone in base alla religione, all’etnia, al genere o alla razza e qualsiasi sospetto in tal senso è falso”. Purtroppo non è l’idea di tanti attivisti e avvocati dei diritti umani e neppure di Carlos e Juan.