“Massimiliano Kolbe diceva che il dramma del ventesimo secolo era l’indifferenza. Credo che sia il dramma anche di questo ventunesimo secolo, del fratello che soffre, la cui dignità è calpestata da poteri ciechi, del fratello che non può vivere la fede se non subendo danni fisici. Ciò affonda nelle concezioni individualistiche dell’uomo”. Lo ha detto il presidente internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre, card. Mauro Piacenza, durante l’iniziativa organizzata dalla fondazione, che ha illuminato di rosso il Colosseo “per non dimenticare i martiri della persecuzione anticristiana nel mondo”. “Il Colosseo è un simbolo universale – ha affermato -. Non sempre, però, si ha la consapevolezza che questo fu un luogo di morte e uccisione, sia per i gladiatori sia per il martirio di migliaia di cristiani. Queste pietre e queste mura possono avere un duplice significato. Sono anche mura di vita se le consideriamo come parte di un impero che ha saputo costruire ciò che l’Europa è stata ed è ancora”. Quindi, il cardinale ha ribadito la “diffusa indifferenza della cultura contemporanea”, “caratterizzata dalla perdita del fine essendosi persi a cercare le cause dei fenomeni”. “Siamo qui di fronte a queste mura per aiutare a vincere l’indifferenza”, ha annunciato. Infine, l’invito ad “abbattere le mura della morte cominciando dalle mura dell’indifferenza: non posso essere sereno se il mio fratello soffre. Si abbattono solo sapendo ricostruire e si ricostruisce tornando a rispondere alle domande fondamentali del nostro esistere: ‘Per quale fine?’. Solo così si può recuperare la sensibilità verso l’altro, perché il mio interesse è anche suo e la sua sofferenza è anche mia”.