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Presto la visita del Papa al Wcc

M. Chiara Biagioni

Lavori in corso a Ginevra nella sede del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc), dove il 21 giugno arriverà Papa Francesco. Si sta lavorando per definire i dettagli della visita ed è ancora presto per dare anticipazioni. Una cosa però è certa: la visita di Papa Francesco al Wcc è “un segno di speranza per la pace e la giustizia in un mondo lacerato e diviso”. Ne parliamo con il segretario generale del Wcc, Rev. Olav Fykse Tveit, all’indomani della conferenza stampa di presentazione che si è svolta a Roma nella sala stampa vaticana, alla quale il pastore Tveit ha partecipato insieme al cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Occasione della visita del Papa è il 70° anniversario dell’organismo ecumenico nato ufficialmente nel 1948, sulle macerie della seconda guerra mondiale, come segno di riconciliazione e di unità. Oggi riunisce 348 Chiese protestanti, luterane, anglicane, ortodosse per una rappresentanza di 500 milioni di cristiani. Motto della visita: “Camminando, pregando, lavorando insieme”.

70 anni di storia. Si può dire che la fondazione del Wcc corrisponde alla nascita del movimento ecumenico. Era il 1948 e l’Europa usciva dalla seconda guerra mondiale. Quale fu il “sogno” che portò i suoi padri fondatori alla costituzione di un Consiglio mondiale delle Chiese?
Credo che sia più esatto dire che la nascita risale a molto tempo prima della seconda guerra mondiale. Già nel 1910, ad Edimburgo, una Conferenza missionaria chiamò le Chiese a dare una testimonianza comune di Cristo nel mondo e trovare per questo vie di unità. Fu poi nel 1920 l’allora Patriarca ecumenico di Costantinopoli a esortare le Chiese perché lavorassero per rafforzare tra loro una più stretta cooperazione e nel 1937 i leader di varie Chiese cristiane protestanti, anglicane e ortodosse si trovarono d’accordo nello stabilire un Consiglio. Per questo quando nel 1948 si arrivò alla costituzione del Wcc, il sogno per una unità visibile della Chiesa era vivo già da molto tempo. Quando però questo sogno si avverò, l’Europa usciva dal disastro di una guerra mondiale e i cristiani erano consapevoli di essere divisi e che anche la loro testimonianza cristiana nel mondo era divisa. Il Wcc nasce su questo sfondo:

costruire la pace sulle macerie della guerra e dare testimonianza insieme a Cristo in un mondo diviso.

L’idea di istituire un Consiglio delle Chiese, era la via perché quel sogno si realizzasse.

Il contesto oggi è molto simile. Il mondo è lacerato da conflitti, Papa Francesco parla addirittura di una terza guerra mondiale a pezzi. Quel sogno di unità visibile delle Chiese è ancora vivo?
Certo, e lo vediamo ogni giorno. Lo vediamo in quanti operano per l’unità. Lo vediamo in quello che le Chiese fanno insieme, in molte aree di conflitto nel mondo. Lo vediamo in quanti credono nei valori del Regno di Dio in un mondo diviso. Questa visione dell’unità non è solo per la Chiesa ma è per l’umanità intera.

Molti sono i fronti “caldi” in cui il Wcc è impegnato: dalla Siria alla Corea del Nord, al Sud Sudan… Qual è la missione oggi del Wcc?
È un contributo alla riconciliazione e alla pace, impegnandosi nei diversi contesti di conflitto, laddove l’uomo uccide l’uomo e la vita umana sembra aver perso valore. Noi cerchiamo in questi contesti di incoraggiare i popoli a trovare soluzioni non violente ai conflitti. Il Wcc sente come sua missione oggi quella di sostenere le Chiese in questi contesti di tensione, così che possano essere in grado di contribuire a costruire la pace soprattutto laddove è minacciata come in Siria, Corea del Nord, Sud Sudan, Nigeria. Ma anche in Europa, incoraggiando i cristiani ad essere operatori di pace, costruttori di ponti.

Papa Francesco a Ginevra per il 70° anniversario del Wcc. Lo avete invitato voi o è stato lui a voler venire?
No, lo abbiamo invitato noi, perché volevamo usare questa occasione, e cioè il 70° anniversario del Wcc, per ribadire lo stretto legame che esiste tra le singole Chiese tra loro e con la Chiesa cattolica, come lui ha sempre fatto con comunicati, lettere, e soprattutto con il suo personale impegno a cooperare a molti livelli. Questa visita sarà una ulteriore dimostrazione alle Chiese di tutto il mondo che siamo insieme nella nostra missione e nel nostro servizio all’umanità. Non è un caso se il motto scelto per questa visita è: “Camminando, pregando, lavorando insieme”.

Perché questa visita è importante per voi?
È importante per ciascuna delle 348 Chiese di tutto il mondo che appartengono al Wcc. È importante per vedere i numerosi frutti del lavoro che è stato compiuto oggi nel cammino verso l’unità in questi 70 anni. La Chiesa cattolica, pur non facendo parte del Wcc, ha fatto moltissimo. Questa visita affermerà dunque la realtà, ciò che siamo e dove siamo arrivati ma sarà anche un invito per il futuro, forse una ispirazione, a continuare questo lavoro e questo cammino. Vuol essere anche un segno di speranza per il mondo:

mostrare, cioè, che è possibile vivere le differenze in modo riconciliato.

A Lund Papa Francesco ha sottoscritto insieme alla Federazione luterana mondiale un accordo di impegno di cooperazione sociale. È in programma qualcosa di simile a Ginevra. Si è detto che lancerete una iniziativa insieme per la pace. Ci può dire qualcosa di più? In quale direzione state lavorando?
I dettagli della visita saranno resi noti più tardi anche perché ci stiamo ancora lavorando. Rispetto a Lund, questo è un evento diverso. A Lund cattolici e luterani si sono ritrovati insieme per la prima volta per commemorare i 500 anni della Riforma di Lutero. Il Wcc è un Consiglio di Chiese. Siamo chiamati a trovare modi per fare le cose insieme.

Il mondo sta attraversando uno dei periodi più critici della storia umana. Conflitti, migrazioni minacce nucleari, cambiamenti climatici. Cosa possono fare le Chiese insieme?
Se mi consente, ribalterei la domanda perché non c’è nulla che le Chiese non possono fare insieme. Perché non dovremmo lavorare insieme per combattere la povertà? Perché non possiamo lavorare insieme nei negoziati e per la pace? Perché non dovremmo lavorare insieme per rafforzare le relazioni tra i cristiani e i musulmani? Perché non dovremmo lavorare insieme per la pace a Gerusalemme? Perché non dovremmo impegnarci tutti insieme per superare la crisi dei cambiamenti climatici e perché non dovremmo unirci per garantire ai nostri figli un futuro migliore? Con questo voglio dire che le sfide oggi sono troppo complesse perché possiamo risolverle da soli. Il nostro più grande contributo oggi è lavorare per l’umanità, e farlo insieme e con chiunque condivide con noi i nostri valori.

È certamente importante avviare processi di cambiamento in ambito politico ma i cambiamenti partono dalle persone, dalle comunità e le Chiese ne sono attrici significative.

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