“Aspettavamo questa occasione da 70 anni, la guerra sarebbe un danno irreparabile per entrambe le parti”. Sono parole intrise di soddisfazione e speranza per il futuro quelle che l’arcivescovo di Gwangju e presidente della Conferenza episcopale coreana, monsignor Igino Kim Hee-joong, usa per commentare le notizie dei passi in avanti che nella penisola coreana si stanno compiendo. Dopo un periodo di tensione altissima, il processo di distensione è cominciato a febbraio quando gli atleti della squadra coreana, Corea del Nord e Corea del Sud, hanno sfilato assieme sotto un’unica bandiera a PyeongChang, in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi olimpici. Sono seguiti vari “colloqui”, fino all’incontro di Kim Jong-un, avvenuto il 5 marzo a Pyongyang, con una delegazione sudcoreana. Alla fine del vertice, si è raggiunto un accordo storico: la Corea del Nord si è detta disponibile ad una moratoria sui test missilistici ed ha affidato alla delegazione del Sud un invito da consegnare al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per un incontro entro la fine di maggio. Impegnandosi nel frattempo a sospendere i test nucleari e missilistici. Trump si è detto disponibile all’incontro entro maggio, ma riguardo alle sanzioni economiche in atto ha fatto sapere che “non è prevista alcuna concessione”.
Mons. Kim Hee-joong, il processo di distensione è cominciato a febbraio con le Olimpiadi. Dopo oltre 50 anni di separazione e tensione che impressione ha fatto questa partecipazione della Corea del Nord ai Giochi olimpici insieme alla Corea del Sud?
Sì, è vero. Queste olimpiadi invernali hanno rappresentato un passo di apertura particolare e significativo, perché hanno favorito un clima di dialogo tra Nord e Sud Corea. Penso che lo sport sia una lingua internazionale pura che ci fa oltrepassare ogni ideologia, religione, razza, appartenenza a Paesi diversi. Lo sport fa aprire i cuori più chiusi.
Molti sono stati i segnali di distensione che sono seguiti. Quali prospettive di dialogo si possono aprire?
La nostra speranza era di poter avere un’occasione preziosa per favorire il dialogo. Infatti ambedue le parti, Nord e Sud Corea, volevano aprire un canale di negoziazione. Quello che noi chiedevamo era avere il dialogo senza precondizioni. Spero che da questo processo possiamo arrivare a un incontro delle famiglie separate. In attesa che ciò avvenga, noi continuiamo, come facciamo da tanti anni, ad offrire al Nord un appoggio umanitario attraverso “International Caritas”.
Quali errori evitare perché il processo di avvicinamento in atto non si fermi?
Prima di tutto, non dobbiamo minacciare con le armi e con le sanzioni economiche, e non dobbiamo toccare il loro sistema politico e il loro presidente Kim, ma continuare a dialogare con loro.
Papa Francesco è stato informato? E che cosa le ha detto?
Recentemente abbiamo chiesto la preghiera e l’aiuto del Santo Padre per la pace della penisola coreana, perché il Santo Padre Francesco conosce bene la situazione della Corea. In varie occasioni, il Santo Padre ci ha incoraggiato sottolineando l’importanza della pace nella penisola coreana.
Chi c’è dietro a questo passo storico? Come si è potuto realizzare? E soprattutto perché adesso?
Penso che il presidente della Corea del Sud Moon Jae-in stia cercando questo passo storico insieme ai molti coreani che vogliono la pace nella penisola coreana. Soprattutto il Santo Padre ci aiuta molto con la preghiera e con le sue parole rivolte ai Paesi potenti. Anche recentemente il presidente Kim Jung-un ha dimostrato la sua intenzione di aprirsi al dialogo per la pace. Aspettavamo questa occasione da 70 anni, la guerra sarebbe un danno irreparabile per entrambe le parti.
Qualcuno ha addirittura proposto di conferire il premio Nobel per la pace alla squadra coreana unita di hockey femminile. Lei cosa ne pensa?
Sì, può darsi di sì. Ma se si arrivasse davvero alla pace nella penisola coreana, tutti i personaggi coinvolti in questo processo, che hanno contribuito a quella pace, potrebbero ricevere il premio Nobel, per esempio, il Santo Padre, il presidente Moon della Corea del Sud, il presidente Kim della Corea del Nord (così si garantisce una pace perfetta e duratura), ed anche il presidente degli Stati Uniti, Trump.
La Chiesa come si pone? Che cosa chiedete?
Noi continueremo a offrire il nostro aiuto umanitario e a pregare per la riconciliazione tra i due Paesi e per la pace. Lo fanno ogni giorno, alle 21, tutti i fedeli in Corea. Spero anche di poter visitare la Corea del Nord per stringere una collaborazione tra le Chiese cattoliche in Nord e Sud Corea.