“Per la società siriana i cristiani, per la loro apertura, sono una finestra sul mondo. Molti musulmani si sono dispiaciuti per la loro partenza. Ogni cristiano che lascia il Paese è una finestra che si chiude”. Lo ha detto il card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria nel corso dell’incontro, promosso a Roma da Comunione e Liberazione, Centro Culturale di Roma e Fondazione Avsi, nel quale ha portato la sua testimonianza e fatto il punto del progetto promosso con Avsi “Ospedali Aperti in Siria”, che punta a garantire anche ai più poveri l’accesso alle cure sanitarie. “I cristiani – ha affermato il card. Zenari – sono l’anello debole della catena nella società siriana. Forse gli alauiti sono i più esposti di tutti ma hanno di che difendersi, i cristiani non hanno di che difendersi”. La sofferenza dei cristiani e dei musulmani, ha ribadito il nunzio, “è la stessa, anche se il rischio maggiore è per i cristiani, la metà dei quali ha lasciato la Siria”. “Non si può negare loro la libertà di partire – ha aggiunto – ma se non vivi sotto le bombe, se lavori allora restare è anche un tuo dovere verso lo Stato come cittadino e verso la tua fede da testimoniare nella vita”. Il card. Zenari ha, inoltre, spiegato che in Siria “non c’è stata persecuzione in senso stretto. Anche a Raqqa è rimasta qualche famiglia cristiana. Ci sono tre parrocchie francescane sotto al Nusra, la cui vita non è facile. I 700 fedeli possono andare in chiesa per i riti ma hanno dovuto buttare giù le croci, coprire le statue”. Il pensiero del card. Zenari è andato poi ai vescovi rapiti, Yohanna Ibrahim e Bulos Yazigi, rispettivamente siriaco-ortodosso di Aleppo e greco-ortodosso della stessa città, il gesuita padre paolo Dall’Oglio e alcuni sacerdoti armeni. Con loro altri 20 forse 30mila di cui non si sa più nulla. Viviamo in un momento tragico – ha detto il nunzio – ma ci sono tante gocce di carità, come i progetti di solidarietà finanziati dalla Chiesa cattolica (200 milioni di dollari nel solo 2016), che possono fare fiorire il deserto siriano”. Su padre Paolo Dall’Oglio si è soffermata anche la giornalista Maria Rosa Gianniti, inviata del Tg1, che intervenuta sulla situazione della Siria nel contesto mediorientale ha affermato che “non si può parlare di Siria senza menzionare il gesuita padre Dall’Oglio, fondatore della comunità monastica cattolico-siriaca Mar Musa, erede di una tradizione cenobitica ed eremitica risalente al VI secolo. Il suo amore per la Siria era enorme. Padre Paolo è scomparso mentre si recava a Raqqa per parlare con i vertici dello Stato Islamico. Di lui non si hanno più notizie da anni. Dall’inizio del conflitto ha sempre cercato di avvisare dei rischi di contagio di questa guerra non solo per i siriani ma per tutto il mondo, per tutta la comunità internazionale. E aveva ragione. Purtroppo non è stato ascoltato”.