Le Chiese cristiane d’Europa scendono in campo a fianco di ebrei e musulmani per contrastare una proposta di legge presentata nel Parlamento islandese (Althing) che vuole vietare la circoncisione dei bambini di sesso maschile in assenza di prescrizione medica. Alcuni giorni fa, si era espresso in maniera molto chiara contro questa iniziativa il cardinale Reinhard Marx, in qualità di presidente dei vescovi dell’Unione europea (Comece). Lo scenario che la proposta apre è serio, perché se venisse convertita in legge, i genitori potrebbero essere condannati fino a sei anni di carcere nel caso in cui eseguano una circoncisione religiosa su un bambino di sesso maschile. Sulla questione, si sono mobilitati insieme il Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) e la Conferenza delle Chiese cristiane d’Europa. In una dichiarazione congiunta diffusa il 15 marzo esprimono “grande preoccupazione”. “Se questa proposta dovesse passare – scrivono -, rischierebbe d’ispirare iniziative analoghe in altri Paesi europei e oltre” e, “in un clima di crescente antisemitismo e islamofobia, questo potrebbe incoraggiare simili tendenze altrove, aumentando la pressione su comunità spesso già vulnerabili”. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Ccee, è esplicito: “Questa iniziativa va contro la libertà religiosa e i principi democratici propri di una società civile”. E invoca “il diritto-dovere della famiglia di educare i propri figli secondo le proprie convinzioni religiose”. Il Rev. Christopher Hill, presidente della Kek, sottolinea come “la circoncisione sia praticata legalmente, in un ambiente appropriato e sicuro dal punto di vista medico, in modo che la salute del bambino non sia messa in pericolo. “Pertanto, non si può sostenere che l’intervento equivalga a una violazione inaccettabile dell’integrità fisica. Pertanto, una tale limitazione della libertà di religione o di credo non può essere giustificata da ragioni oggettive”. La circoncisione è una pratica millenaria seguita da comunità religiose in tutto lo spettro della fede, presente nel giudaismo, nell’islam, nonché in alcune tradizioni cristiane, come quelle della Chiesa ortodossa etiope e della Chiesa ortodossa eritrea. Raggiunto telefonicamente dal Sir, Riccardo di Segni, medico e dal 2001 rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, tiene subito a precisare: “È una pratica che fa parte della storia. Consideri solo che il primo gennaio nei calendari era indicato con la circoncisione perché cade otto giorni dopo la nascita di Gesù a Natale. Sono pezzi di cultura che si perdono ed è importante che le Chiese cristiane mantengano la memoria”.
Spesso diamo per scontato di sapere cosa è la circoncisione. Rabbino Di Segni, ci può dire che cosa è?
Bisogna chiarire prima di tutto che si tratta di circoncisione maschile. Perché non è affatto chiaro al pubblico. È il taglio del prepuzio che ritualmente viene eseguito secondo il precetto biblico all’ottavo giorno della nascita in modo che sia assolutamente indolore. Fa parte delle tradizioni millenarie del popolo ebraico sebbene sia seguita anche da altre tradizioni e culture dell’islam, che la fanno in età un po’ più avanzata, e altre culture, che la praticano comunemente.
Che valore simbolico religioso ha per gli ebrei?
Nella religione ebraica rappresenta il segno fisico del Patto che il Signore ha stabilito con Abramo e i suoi discendenti.
Voi come reputate questa iniziativa islandese?
È un segno molto angosciante.
Il Rabbino Sachs ha detto che oggi l’antisemitismo parla la lingua dei diritti civili. E la vicenda islandese ne è proprio la dimostrazione. Si mettono, cioè, in campo i diritti di protezione del bambino a fronte del diritto che è anche un dovere religioso di trasmettere la propria cultura. Posso fare una battuta?
Certo.
Se Giuseppe e Maria fossero vissuti in Islanda, si sarebbero presi sei anni di detenzione per aver circonciso il figlio.
Quale messaggio sta dando l’Islanda al resto dell’Europa con questa proposta in Parlamento?
Quello di una preoccupante confusione che apre la strada a scenari allarmanti.