In effetti, di primo acchito, si vedono solo due persone nell’atto di correre… e cosa avrebbe di artistico, e a maggior ragione di religioso, una tale immagine? Eppure, col passare degli anni, mi sono dovuto profondamente ricredere, perché, a ben vedere, l’opera ha una grande profondità teologica e offre più di una suggestione a chi si sofferma a meditarlo, più che a guardarlo.
Burnand si è ispirato al passo evangelico Gv 20,3-10. È forse la prima volta nella storia dell’arte che i due discepoli Pietro e Giovanni vengono rappresentati non nel sepolcro, ma mentre corrono verso di esso. Giovanni, in maniera fedele al testo, è dipinto più vicino alla meta. Infatti, l’evangelista Giovanni narra che egli fu il primo a giungere nel luogo dove Gesù era stato sepolto. Giovanni, il discepolo amato dal Signore, è rappresentato, come da tradizione, come un uomo molto giovane e sbarbato. Ha le mani giunte – un richiamo alla sua indole mistica – e indossa una tunica bianca. La sua figura contrasta con l’altro discepolo, Pietro, che invece è rappresentato come un uomo anziano che indossa una tunica rossa e blu. Giovanni incarna il misticismo della Chiesa, mentre Pietro il suo aspetto istituzionale.
Nonostante questo dicotomia, i due apostoli sono rappresentati come un tutt’uno. Essi sono l’immagine dell’intera Chiesa che raduna al suo interno, personaggi assai diversi, a volte completamente opposti, sia per carattere sia per temperamento, eppure così uniti, proprio come Pietro e Giovanni. Come è possibile questo? Cosa genera un tale “miracolo”? Come avviene una così grande conciliatio oppositorum?
La risposta viene se ci si concentra sui loro sguardi: Pietro e Giovanni sono uniti, non perché si guardano l’uno con l’altro, non perché cerchino un accordo o un compromesso fra le loro personalità così agli antipodi, ma perché guardano tutti e due verso la stessa direzione, verso la stessa meta: Cristo morto e risorto. È lui a generare l’unità fra chi lo riconosce Signore. Pietro e Giovanni sono pieni della stessa cosa.
È molto significativo che il loro sguardo sia rivolto verso qualcosa che sta oltre la cornice e che il pittore ha sapientemente omesso. La resurrezione infatti è un evento metastorico, che deborda la nostra esperienza sensoriale e che introduce Cristo in quell’infinito che è l’oggetto del battito del cuore di ogni uomo. Il dipinto mette dunque a tema la funzione e la missione della Chiesa, cioè di indicare all’uomo dove guardare per vedere compiuto il suo desiderio di infinito.
I colori delle tuniche, richiamano evidentemente il mistero della persona di Cristo. Pietro ha una tunica rossa e blu, la stessa che nella tradizione iconografica è indossata da Gesù in centina di dipinti, affreschi e mosaici. Il rosso, colore del sangue, significa la sua umanità, mentre il blu indica la sua divinità. Giovanni veste un abito bianco che allude alle resurrezione di Cristo.
È chiaro dunque l’intento del pittore, quello di mostrarci il compito della Chiesa (simboleggiata proprio dai due apostoli), quella di essere testimone nel tempo e nello spazio del mistero di Cristo morto e risorto, tanto più se si nota che la scena suggerisce un movimento spazio-temporale, attraverso la corsa (nello spazio) dei discepoli e il sorgere del sole (tempo).