«Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Sono le parole di Tommaso di fronte all’annuncio degli altri apostoli: «Abbiamo visto il Signore».
Che cosa teme Tommaso? Perché ha bisogno di vedere e toccare proprio quei segni? Perché non basta la testimonianza dei suoi amici che hanno riconosciuto Gesù risorto in mezzo a loro?
Tommaso vuole essere certo che quel “Signore” che gli altri hanno visto sia quel Gesù, uomo, che, sulle strade della Palestina ha condiviso con lui un tratto di strada, un tratto di vita.
Tutto quanto vissuto non avrebbe senso altrimenti!
Non avrebbe senso se la resurrezione fosse il “gioco di prestigio” di un Dio desideroso di mostrare la sua potenza, un qualcosa di eclatante con cui, poi, azzerare, rimuovere o andare oltre il percorso e l’esperienza terrena di Gesù.
Non avrebbe senso se la vita di Gesù fosse stata solo un momento di passaggio, un qualcosa di transitorio, di necessario solo ai fini dell’evento resurrezione. Una vita attraversata e vissuta senza esserne toccato o sfiorato.
Tommaso non vuole un Dio le cui sembianze sono quelle di un “qualcuno” mai incontrato prima.
Tommaso desidera che, risorto, sia proprio quell’uomo con cui ha condiviso giorni, strade, cammini; con cui ha condiviso fatica, stanchezza, sofferenza; con cui ha condiviso gioie, amicizia, incontri; con cui ha condiviso successi e insuccessi; con cui ha spezzato il pane quotidiano nei pasti e sulla mensa della Parola; quel Gesù, cioè, che porta su di sé, come ogni uomo, i segni di quegli anni terreni che non sono un caso ma la volontà e il desiderio concreto di un Dio che, attraverso l’incarnazione di suo Figlio, ha fatto della vita dell’uomo, dell’uomo stesso, il suo tempio, la sua abitazione, la sua dimora, il suo riposo!
E’ il Dio che accompagna e non guarda dall’alto, il Dio che consola, che conforta, il Dio che «è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e il sangue». Il Dio che ci viene a dire che la vita non è vana, fine a se stessa, un qualcosa da sopportare per sperare di meglio poi! Il Dio che prende in mano la nostra esistenza e, percorrendola con noi e come noi, ci testimonia che è proprio questo tempo e questa esperienza l’inizio di quel regno illimitato e traboccante di amore che è la nostra vita in Lui.
E’ questo il Dio a cui Tommaso può e vuole gridare «Mio Signore e mio Dio!». E’ il Crocifisso che è risorto! E’ colui che ha amato che è risorto! E’ colui che porta i segni di questo amore, di questo vivere che è risorto!
Ci aiuti, oggi, Tommaso, ad aprire le porte chiuse dei nostri cuori e così riconoscere Gesù che cammina con noi, «perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome».