L’enfasi data alla notizia è sicuramente eccessiva, visto che ormai da molti anni i programmi di Religione (ufficialmente, lo ricordiamo, la materia si chiama Insegnamento della Religione Cattolica, abbreviato IRC), spaziano molto sulle altre religioni e sulle altre culture. Non si tratta quindi di una assoluta novità. Il dibattito sull’ora di religione nella scuola statale è sempre molto attuale e la notizia ha ovviamente acceso vive discussioni sui social. Fra le molte riflessioni che si possono trovare in rete, vorremmo evidenziare quelle di due utenti, docenti su posto comune (dunque non insegnanti di IRC).
La prima docente scrive: “Sì, tutto molto bello e giusto. Poi però perché tocca a me (che insegno italiano e storia) spiegare le basi della religione cristiana per poter affrontare decentemente la riforma luterana in storia o Dante in letteratura (e cito solo due esempi a caso)? Questo sarebbe compito dell’IRC: non certo fare catechismo, ma dare solide basi culturali per poter comprendere tanta parte del nostro patrimonio artistico e culturale. Tutto il resto (legittimo, utile e sacrosanto) dovrebbe a mio parere venire di conseguenza e in collegamento a questo”.
Le ribatte un altro insegnante: “Siamo in due!!! Ma il problema non emerge solo al momento di affrontare Lutero. Io molte cose le spiego in prima. Prova a spiegare la storia medievale quando, ad esempio, non sanno la differenza, tra preti, vescovi e monaci!”.
Due testimonianze di persone “addette ai lavori” che hanno ben compreso il valore culturale dell’IRC: non catechismo, ma una materia impartita con contenuti confessionali, volta ad aiutare i ragazzi nella comprensione delle altre materie come storia (si pensi ad argomenti come, appunto, la riforma protestante citata dalla prima insegnante, o la lotta per le investiture, ecc.), italiano (basti citare la Divina Commedia di Dante o I Promessi Sposi di Manzoni) o arte (sarebbe mai possibile comprendere Caravaggio o Michelangelo se si fosse a digiuno dei più elementari rudimenti del cattolicesimo?).
Non si tratta di conservare e difendere in maniera ideologica l’IRC, ma di riconoscere un’evidenza e cioè che il cattolicesimo è parte integrante del patrimonio artistico e culturale tanto dell’Italia quanto dell’Europa.