DIOCESI – In questi giorni sono migliaia le persone, anche della nostra diocesi, che seguono con apprensioni i fatti che riguardano il piccolo Alfie Evans.
Ricordiamo che Alfie Evans (23 mesi di vita) è afflitto purtroppo da una neuropatologia progressiva (a cui i medici che lo hanno in cura non hanno saputo dare né un nome, né una terapia efficace), che lo ha ridotto in uno stato semi-vegetativo.
I medici dell’Alder Hey Children’s Hospital, dove il bimbo è ricoverato, hanno stabilito che – “nel miglior interesse di Alfie” – è bene avviare l’interruzione dei sostegni vitali e così avviare il bimbo alla morte.
I giudici hanno definito “futile” la vita del piccolo Alfie; e siccome “futile” i giudici hanno deciso che deve morire.
Ad Alfie sono stati staccatati quindi i macchinari lunedì 23 aprile alle 22.30, ma Alfie è ancora vivo.
I genitori di Alfie, Thomas e Kate, stanno lottando con forza per poter riportare Alfie a casa.
Su questa questione, che ha toccato i cuori di molti, abbiamo posto una domanda al Vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto, Mons. Carlo Bresciani.
Eccellenza, che ne pensa di quanto sta accadendo con il bambino Alfie Evans?
Non sono un medico e, quindi, non sono in grado di giudicare le condizioni sanitarie di Alfie Evans. Ma sono sorpreso dalla tracontanza dei medici e del giudice nei confronti della famiglia e del bambino Alfie Evans.
I medici affermano che non c’è più nulla da fare nei suoi confronti, che è ormai destinato a morte imminente. Lo do per vero anche se i fatti l’hanno smentito: ma perché allora non permettere alla famiglia di portarselo a casa e volerlo trattene a forza in ospedale? Credo che ognuno abbia il diritto di morire a casa propria e che i genitori possano portare il proprio figlio a morire a casa propria!
Il giudice accetta il giudizio dei medici sullo stato di salute di Alfie, ma perché proibire alla famiglia di portare il proprio figlio a morire a casa? Spetta ora al giudice decidere dove dobbiamo morire? Se i genitori lo vogliono e c’è un altro ospedale disposto ad accoglierlo, perché proibire di portarlo lì, oltretutto senza alcuna spesa per la sanità inglese? Spetta ora al giudice decidere in quale ospedale dobbiamo essere ricoverati a forza?
La conclusione è che si tratti di una lotta ideologica impostata non tanto sui criteri medici che porterebbero ad affermare che “Alfie, purtroppo, non riuscirà a vivere che pochi minuti (affermazione peraltro smentita dai fatti!)”, quanto su giudizi e pregiudizi ideologici a favore dell’eutanasia di malati gravi che portano ad affermare “Alfie deve morire come e dove vogliamo noi, perché noi abbiamo stabilito così”.