Centinaia di migliaia di persone, forse un milione (si tratta di stime giornalistiche, non essendoci dati ufficiali) hanno preso parte sabato alla marcia per la pace convocata a Managua dalla Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen) in seguito alle manifestazioni dei giorni scorsi e alla dura repressione del Governo di Daniel Ortega. Altre simili marce per la pace si sono svolte nelle altre principali città del Paese, come León, Estelí, Granada e Metagalpa. A Managua tra i partecipanti c’erano molti giovani e campesinos, ma anche rappresentanti delle Chiese evangeliche, persone non credenti, movimenti femministi, tutti confidando nel ruolo centrale e nella credibilità della Chiesa.
In particolare il vescovo maggiormente impegnato in questi giorni a fianco dei giovani universitari, mons. José Silvio Báez, ausiliare di Managua, ha marciato assieme alla gente ricevendo numerosi attestati di vicinanza e affetto. Una posizione coraggiosa, la sua, che ha provocato da parte del regime, nei suoi confronti, una virulenta campagna di discredito, a causa delle coraggiose denunce del presule.
I partecipanti hanno marciato fino alla Cattedrale partendo da tre distinti punti della città. Sul sagrato della cattedrale l’arcivescovo di Managua e presidente della Cen, card. Leopoldo Brenes, ha messo un’importante condizione al ruolo di mediatori e testimoni di dialogo che i vescovi nicaraguensi hanno accettato di assumere su richiesta del Governo di Ortega, dopo che quest’ultimo ha deciso di ritirare la riforma delle pensioni che era stata la miccia delle proteste. Il cardinale Brenes ha infatti spiegato che i vescovi “a un mese dall’avvio faranno il punto della situazione per appurare in modo serio e reale la volontà, i progressi e i risultati degli accordi che dovessero nel frattempo essere raggiunti”. Forte, infatti, è il sospetto che il Governo con questa mossa voglia solo prendere tempo e lasciar decantare le manifestazioni popolari. In effetti, l’Esecutivo non ha ancora fissato la data di avvio del dialogo.
Ieri intanto il Parlamento ha approvato l’istituzione di una Commissione che faccia luce su quanto avvenuto nei giorni scorsi. I dati ufficiali parlano di dieci vittime, ma organismi internazionali hanno stimato che 63 persone siano rimaste vittime della violenta repressione. A questi si aggiungono circa 15 desaparecidos.