Una pietra scura, la pietra di Nomadelfia, con scritto sopra il suo nome, “Franciscus”, in bianco. È l’omaggio del Papa a don Zeno Saltini, fondatore del “popolo di famiglie” della maremma grossetana, sulla cui tomba Francesco ha sostato in silenzio per circa dieci minuti, da solo, al riparo dalle telecamere. È cominciata così, con l’omaggio della pietra che si aggiunge alle altre pietre lasciate dagli abitanti della Comunità, la visita pastorale a Nomadelfia e Loppiano.
Dopo l’incontro nella sala don Zeno, i bambini del prescuola hanno ricambiato l’omaggio offrendo in dono al Papa una pietra bianca con inciso lo stesso nome, “Franciscus”, da oggi diventato un cittadino in più. A Loppiano il Papa ha pronunciato un ampio discorso, in risposta alle domande di alcuni membri della Cittadella internazionale del Movimento dei Focolari, infarcito di interventi a braccio e improntato alla “spiritualità del noi” per “plasmare un volto nuovo della città degli uomini”.
“Nomadelfia è una realtà profetica che si propone di realizzare una nuova civiltà, attuando il Vangelo come forma di vita buona e bella”,
ha detto il Papa nel suo primo discorso, in cui ha ripercorso i tratti della spiritualità di don Zeno Saltini. “La legge della fraternità, che caratterizza la vostra vita, è stato il sogno e l’obiettivo di tutta l’esistenza di don Zeno, che desiderava una comunità di vita ispirata al modello delineato negli Atti degli Apostoli”, ha ricordato, esortando i nomadelfi a
“continuare questo stile di vita, confidando nella forza del Vangelo e dello Spirito Santo, mediante la vostra limpida testimonianza cristiana”, in una comunità in cui “tutti si chiamano per nome, mai con il cognome, e nei rapporti quotidiani si usa il confidenziale ‘tu’’”.
“Porterò i vostri volti: i volti di una grande famiglia col sapore schietto del Vangelo”, il congedo del Papa: “Di fronte a un mondo talvolta ostile agli ideali predicati da Cristo, non esitate a rispondere con la testimonianza gioiosa e serena della vostra vita, ispirata al Vangelo”, la consegna.
“Portare avanti la spiritualità del noi”. È l’invito di Francesco da Loppiano, dove “tutti si sentono a casa”.
“Non è un fatto solo spirituale, ma una realtà concreta con formidabili conseguenze – se la viviamo e ne decliniamo con autenticità e coraggio le diverse dimensioni – a livello sociale, culturale, politico, economico”, ha assicurato il Papa: “Gesù ha redento non solo il singolo individuo, ma anche la relazione sociale. Prendere sul serio questo fatto significa plasmare un volto nuovo della città degli uomini secondo il disegno d’amore di Dio. Loppiano è chiamata a essere questo. E può cercare, con fiducia e realismo, di diventarlo sempre meglio. Questo è l’essenziale. E da qui bisogna sempre di nuovo ripartire”.
“Loppiano città aperta, Loppiano città in uscita. A Loppiano non ci sono delle periferie”,
il ritratto offerto dal palco di fronte al santuario di Maria Theotokos.
“Non si può essere cristiani senza essere prossimi”: “La vicinanza, la prossimità: questa è una parola-chiave nel cristianesimo e nel vostro carisma”.
Lodando i centri di formazione della comunità, Francesco ha definito “promettente” l’impego di due delle realtà sorte a Loppiano negli ultimi anni: il Polo imprenditoriale “Lionello Bonfanti”, centro di formazione e diffusione dell’economia civile e di comunione, e l’esperienza accademica di frontiera dell’Istituto Universitario Sophia, eretto dalla Santa Sede, “di cui una sede locale – me ne rallegro vivamente – sarà presto attivata in America Latina”, ha sottolineato, salutato dall’applauso delle migliaia di persone presenti. “Cultura dell’unità, non dell’uniformità”, ha precisato poi a braccio: “uniformità è il contrario dell’unità”.
“La storia di Loppiano non è che agli inizi. È un piccolo seme gettato nei solchi della storia e già germogliato rigoglioso, ma che deve mettere radici robuste e portare frutti sostanziosi, a servizio della missione di annuncio e incarnazione del Vangelo di Gesù che la Chiesa oggi è chiamata a vivere. E questo chiede”:
“Umiltà, apertura, sinergia, capacità di rischio”.
Nella parte conclusiva del suo discorso, il Papa si è soffermato sul futuro della cittadella internazionale del Movimento dei Focolari. Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo la sfida da raccogliere è quella di coniugare “cultura dell’incontro e civiltà dell’alleanza”, attraverso la “fedeltà creativa”, la stessa testimoniata dalle prime comunità negli Atti degli apostoli, “capaci di restare fedeli all’insegnamento di Gesù e di avere il coraggio di fare tante pazzie, di andare dappertutto”. “I discepoli di Gesù debbono essere dei contemplativi della Parola e dei contemplativi del Popolo di Dio”, ha spiegato Francesco:
“Siamo chiamati tutti a diventare degli artigiani del discernimento comunitario. È questa la strada perché anche Loppiano scopra e segua passo passo la via di Dio a servizio della Chiesa e della società”.
Prima di concludere, Francesco ha chiesto ai Focolarini di ricordarsi che Maria, la prima discepola di Gesù, era una laica. “Come avrebbe reagito Maria?”, la domanda da porsi nei momenti della vita più conflittuali, come ha fatto lei, “donna della fede, donna del credere, donna del coraggio, donna della parresia, donna della pazienza”.
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