“Mi auguro che questo governo abbia come punto di partenza la voglia di mettere orecchio alle condizioni concrete e alle attese reali delle persone. Perché le ideologie, le prese di posizioni, i proclami pre-elettorali devono essere ridimensionati e tarati sulla realtà e sui bisogni reali”. È l’auspicio di mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, sulla trattativa in atto per la nomina del nuovo governo, rispondendo alle domande dei giornalisti a margine della presentazione di un libro della Fondazione Migrantes. E a proposito delle posizioni sul tema immigrazione ha precisato: “Non ho letto ancora il programma, non ho capito quali sono i punti di non ritorno del governo rispetto a questi temi, compreso quello della mobilità umana”. “La posizione della Chiesa è nota – ha detto -, ed è legata non a scelte politiche ma al mandato evangelico. Gesù ha detto ‘Ero straniero e mi avete accolto’, non è compito della Chiesa decidere chi deve entrare, chi restare o chi deve essere mandato vita. Questo è compito delle politica. La Chiesa di fronte ad un fratello, una sorella o un bambino che ha bisogno, quale che sia la sua condizione, non può girarsi dall’altra parte”.
D’altronde, ha aggiunto, “la povertà, il bisogno, la fatica di vivere, non hanno colore di pelle né condizione sociale. Esiste soltanto ed esige una risposta. Noi non possiamo rimanere inerti”. Perciò, ha precisato, “di fronte ad un esecutivo nuovo, di fronte a chi ha scelto di mettersi in gioco ed è stato scelto dagli elettori, devono essere presentate le esigenze di persone e situazioni”. Sui timori per le manifestate posizioni anti-europeiste di chi andrà a governare ha commentato: “La Chiesa guarda con grande attenzione e speranza alle nazioni e ai popoli uniti. Non penso che le condizioni politiche, economiche e sociali permettano oggi di fare i navigatori solitari. Non mi riferisco soltanto alle singole persone ma anche ai singoli popoli. Non esistono realtà che possono essere gestite in proprio. Sul tema degli immigrati, ad esempio: laddove si lascia una nazione, un popolo, gestire da solo situazioni che hanno un respiro e una portata universale ci condanniamo tutti al fallimento”.
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