“La Chiesa non può non rendersi presente nell’areopago mediatico. È sempre più chiaro infatti che l’annuncio del Vangelo è chiamato a confrontarsi con quanto i media propongono alle persone: essi sono divenuti tanto più influenti per la pervasività della comunicazione e per l’interattività consentita dalle nuove tecnologie”. “Grazie agli smartphone il mondo dei media ce lo portiamo sempre dietro, soprattutto le nuove generazioni, per le quali è divenuto un accessorio indispensabile in età fin troppo precoci – aggiunge il porporato -. Se pertanto vogliamo ancora contribuire alla formazione delle coscienze, all’educazione dei giovani e alla costruzione di una società democratica, non possiamo non servirci degli strumenti della comunicazione sociale, attraverso i quali aiutare a fare chiarezza nel pluralismo e a leggere con categorie evangeliche la situazione attuale”. Secondo il presidente della Cei, “una Chiesa che non investe nella comunicazione rischia che il Vangelo – quello predicato e quello vissuto con le opere della carità – non diventi più cultura”. Il cardinale sottolinea poi “la necessità di un rinnovamento, per non trovarsi spaesati e insignificanti in un contesto comunicativo in costante evoluzione tecnologica”. E la natura di questo processo “di ripensamento e riorganizzazione”, a suo avviso, deve essere soprattutto “locale”. “Mentre assistiamo al concentrarsi della comunicazione in mano a grandi attori nazionali e internazionali, sempre più collegati a interessi economici – conclude il card. Bassetti -, l’editoria locale ecclesiale deve rimanere espressione delle comunità, libera da poteri forti e capace di una comunicazione veritiera, che faccia crescere le relazioni, humus del tessuto sociale”.