RIPATRANSONE – Venerdì 18 maggio il nostro redattore Nicola Rosetti è stato ospite durante un incontro di catechesi tenuto presso il teatro della Parrocchia “Madonna di Fatima” e rivolto a studenti delle superiori, avente per tema l’Ottavo Comandamento “Non pronunciare falsa testimonianza”. Il giornalista ha parlato del tema della verità nel mondo della comunicazione. Riportiamo di seguito il testo del suo discorso.
“Per parlare dell’Ottavo Comandamento nel mondo della professione giornalistica, è necessario parlare di fake news e di post truth (=post verità). Tutti abbiamo a che fare oggigiorno con delle fake news. Di esse ha dato una bella definizione Papa Francesco che, su questo tema, così si è pronunciato: “Queste notizie, false ma verosimili, sono capziose, nel senso che sono abili a catturare l’attenzione dei destinatari, facendo leva su stereotipi e pregiudizi diffusi all’interno di un tessuto sociale, sfruttando emozioni facili e immediate da suscitare, quali l’ansia, il disprezzo, la rabbia e la frustrazione”.
A sentire queste parole si potrebbe pensare che il Papa abbia una laurea in Scienze della Comunicazione, tanto sono precise e veritiere! Le fake news, dice il Papa, sono notizie che non investono la nostra ragione, ma fanno leva sulle nostre emozioni e hanno la caratteristica di essere delle mezze verità. In tal senso, il Papa ha potuto affermare che il primo lancio di una fake news è avvenuta da parte del serpente antico nel giardino del paradiso, come possiamo leggere nella Genesi.
A ben vedere è proprio così: infatti il maligno ha assicurato ai progenitori di essere uguali a Dio (mezza verità), solo che lui non può mantenere ciò che promette (mezza bugia). Egli fa leva sui loro sentimenti, non tanto sulla loro ragione e così riesce nel suo subdolo intento. Ma c’è un altro aspetto che caratterizza l’azione del diavolo, così come ci è descritta in Genesi, e le odierne fake news ed è la condivisione. Se ci facciamo caso, infatti, la dinamica è la stessa: come infatti la “prima bufala” è passata dal serpente alla donna, e da questa all’uomo, così anche oggi le fake news passano di bacheca in bacheca attraverso il tasto “condividi” e questo perché il male, proprio come il bene, è per sua stessa natura diffusivo.
Ma perché avviene tutto questo? Perché siamo, e veniamo al secondo termine della questione, che in parte è già stato spiegato, nell’epoca della post verità: viviamo in un mondo e in una società che fanno leva sui nostri sentimenti, per cui le notizie sono volontariamente lanciate per suscitare reazioni epidermiche e non troppo ragionate. Agendo in questo modo e facendo perno sull’emotività dell’uomo, è più facile “vendere” notizie.
Sembra che nella professione giornalistica prevalga l’interesse per l’albero che cade e non per la foresta che cresce. A volte si ha l’impressione che la nostra attività si possa svolgere solo attraverso la sistematica violazione dell’Ottavo Comandamento, se non spacciando delle menzogne, almeno costruendo articoli che rispondano maggiormente al gusto del palato dei lettori, più che alla verità dei fatti. La ricerca del sensazionalismo è evidente quando spesso nei titoli compare la parola “Choc”: questa scelta giornalistica, del tutto legittima, sembra non tenere conto delle capacità di giudizio del lettore e sembra animata dall’intento di voler offrire già un punto di vista.
In altre parole, per riprendere quanto detto dal Papa, sembra che la cifra della professione giornalistica sia il dogma del peccato originale. Ovviamente non voglio assolutamente dire che tutti i giornalisti siano degli spacciatori di falsità, ci mancherebbe! Vorrei piuttosto mettere in guardia da un rischio concreto e cioè quello che la logica del profitto (vendere più copie, avere un maggior numero di visualizzazioni del proprio sito, ecc.) sovrasti quella della verità. Perché questo non accada, il giornalista ha delle regole deontologiche da seguire e può svolgere il suo lavoro in modo professionalmente elevato ed eticamente qualificato.
Ma in che modo la fede viene a illuminare questo discorso? Beh direi che un giornalista cattolico, più che dal dogma del peccato originale, debba essere animato da quello della resurrezione: non possiamo dimenticare che il centro della nostra fede si basa su una “buona notizia” (euangelion in greco) da comunicare e cioè che Cristo è risorto dalla morte. Gli evangelisti sono stati dei giornalisti ante litteram che hanno preventivamente spezzato la logica del bad news is good news della quale abbiamo parlato prima. Dobbiamo pertanto innestarci in questa logica di ottimismo e dare risalto a quanto di buono accade ogni giorno, anche se è meno vistoso e fa poco rumore. Grazie.”