“Non c’è bisogno di un aggiornamento dell’Humanae vitae”. Lo ha detto mons. Gilfredo Marengo, autore del libro “Chiesa senza storia, storia senza Chiesa”, a margine della presentazione del volume, questa sera alla Pontificia Università Lateranense. “L’Humanae vitae è un documento autorevole del magistero pontificio che siamo chiamati ad accogliere, attraverso un esercizio pastorale intelligente”, ha detto il teologo, docente al Pontificio Istituto Teologico “Giovanni Paolo II” e coordinatore della Commissione istituita da Papa Francesco per “reinterpretare”, alla luce della Amoris laetitia, l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, a proposito del dibattito ancora in corso su quella che “storicamente è l’enciclica più discussa degli ultimi cinquant’anni”. “Il tema del rapporto Chiesa-mondo è un tema molto trattato e molto usurato”, ha riconosciuto Marengo a proposito dell’argomento del suo libro, che vuole essere “un tentativo di smarcarlo da un certo modo in cui è stato affrontato, negli ultimi decenni, e che non ha aiutato a sbrogliare alcuni nodi fondamentali su chi la Chiesa ha investito dal Concilio in poi”. Il primo nodo, per Marengo, è “l’aver problematizzato la presenza della Chiesa nel mondo, quasi che potesse stare da un’altra parte”. L’altro nodo è “l’esagerazione per cui l’agire della Chiesa nel mondo si riduce all’applicazione deduttiva dei principi dottrinali, tramite una polarità tra dottrina e pastorale”. Ed è proprio questa polarità, secondo il teologo, dalla quale occorre uscire ancora oggi, “in un contesto post-moderno, dove i criteri, i metodi, gli apporti che vengono elaborati rispondono ancora al profilo moderno della vita della Chiesa”. Quella di questi decenni, per Marengo, è in altre parole “una Chiesa che ha fatto fatica a misurarsi con la storia”. “La dottrina non è una teoria da applicare ad una prassi”, ha affermato Marengo, e già Paolo VI, nell’Humanae vitae, “aveva messo a fuoco che c’era da investire molto perché la Chiesa uscisse da questa polarizzazione”. “Oggi il problema della polarizzazione tra dottrina e pastorale si risolve non immaginando un’altra dottrina o un’altra pastorale, ma andando oltre la polarizzazione”, la tesi dell’autore del volume: “Ci vuole un cambio di passo e di mentalità. Molti passi, dal Concilio ad oggi, sono stati fatti, ma molti sono ancora da fare, si fa fatica. Su questo Papa Francesco investe moltissimo: è il primo Papa postconciliare, tutti gli altri hanno guardato al Concilio partendo da come lo avevano vissuto. Per Papa Francesco il Vaticano II è un fatto accaduto nel passato: non l’ha vissuto da protagonista, e per questo lo legge in maniera molto più pacata”.