X

Un vescovo cattolico può mettere piede in una scuola laica?

Secondo quanto riportato da La Repubblica, all’Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia è stato impedito l’ingresso nella scuola media “Brofferio” di Cafasse (To). Si è ripetuto il solito copione: un gruppo di insegnanti, tanto esiguo quanto pressante e rumoroso, in modo ideologico si è opposto alla presenza del prelato in nome della laicità della scuola, provocando il malcontento di molti genitori. Possiamo starne certi, saranno insegnanti che si riempiono la bocca dalla mattina alla sera di parole, tanto giuste quanto in questo caso inapplicate, come “inclusione” e “accoglienza”. Siamo altrettanto sicuri che, se si fosse trattato di un imam o di un rabbino, gli stessi avrebbero spalancato le braccia per accoglierlo. E la cosa ci fa solo che piacere. Però perché non è lo stesso per un prete? In questa circostanza si trattava di un ministro di culto cattolico e permettergli di entrare a scuola sarebbe stato un attentato alla laicità! Questo (triste) atteggiamento di apertura a tutte le religioni, tranne che a quella cattolica, si rifà, più o meno consapevolmente, al pensatore inglese John Locke che nella sua Lettera sulla Tolleranza del 1689, si mostrava appunto tollerante verso tutti i credenti, tranne che i cattolici!

Gli esponenti di una certa corrente di pensiero, presente anche nel mondo della scuola, ripetono come dei mantra le espressioni “Stato laico”, “Scuola laica” e simili, dove per “laico” intendono un regime di assoluta separazione fra la sfera politica e quella religiosa. A supporto di una tale concezione, viene spesso invocata anche la Costituzione. Ma davvero la legge fondamentale del nostro Stato concepisce la laicità in questi termini? A ben vedere assolutamente no! Per la nostra carta costituzionale, laicità significa il rispetto da parte dello Stato di tutte le religioni, purché esse “non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”, come sancito dall’art. 8. Il principio di laicità, così come è espresso, riconosce la presenza negli uomini del senso religioso e lo rispetta nelle sue varie declinazioni. Per il nostro ordinamento, dunque, laicità significa distinzione – e non separazione – fra la sfera politica e la sfera religiosa. Questo implica che le istituzioni dello Stato, come appunto la scuola, e i ministri dei vari culti possono collaborare per la promozione del rispetto delle diversità e per la pace. La totale separazione fra religione e politica fa invece parte dell’ordinamento francese, ma allora non parliamo più di laicità, ma di laicismo.

Fra l’altro, le tante persone che, come in questo caso, cianciano di laicità, sembrano per lo più ignorare l’origine di questo concetto. Per quanto ad esse possa sembrare paradossale, è stato Gesù Cristo a formulare il concetto di laicità quando disse “Date a Cesare (=sfera politica) quello che è di Cesare e date a Dio quello che è di Dio”. Furono poi i primi cristiani, sulla scia del loro Maestro, i primi a invocare la laicità (nella prassi, non teoricamente), la distinzione fra ambito religioso e ambito politico, quando si rifiutarono di adorare l’imperatore romano come una divinità (ambito religioso), pur desiderosi di sottomettersi a lui in tutti gli altri aspetti della vita civile (ambito politico). È da questo sguardo cristiano sulla realtà che nasce il laico articolo 7 della nostra Costituzione (citata appunto a sproposito dai fautori del laicismo) che definisce lo Stato e la Chiesa, nei loro rispettivi ordini, indipendenti e sovrani.

Non è ammissibile che in una società che si vanta di essere pluralista i cristiani siano considerati un corpo estraneo o cittadini di serie “B”.

Nicola Rosetti: