DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.
Gesù è venuto a rivelarci il volto di un Dio che non avremmo mai potuto immaginare. Leggiamo nella prima lettura, tratta dal Libro del Deuteronomio: «…vi fu mai cosa grande come questa…che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo? O ha mai tentato un Dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso…come fece per voi il Signore, vostro Dio?».
Un Dio che ci ha scelti e che non ha mai abbandonato il suo popolo, un Dio che, attraverso Cristo, continua a rassicurarci: «…io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Il nostro Dio è un Dio concreto, «lassù nei cieli e quaggiù sulla terra»: un Dio, innanzitutto che è Padre e, come tale, è fedele, è attento alla nostra vita, pronto a liberarci da ogni situazione di morte, a nutrirci in tempo di fame, a donarci gratuitamente una casa «per sempre». Così, infatti canta il salmista!
Un Dio Padre che, attraverso il suo Spirito, attraverso la concretezza dell’amore grande con il quale ci inonda, ci fa maturare nella consapevolezza di essere figli. Scrive San Paolo nella lettera ai Romani: «E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre!».
Un Dio Padre di cui vogliamo sentirci figli e non sudditi, un Dio Spirito Santo che ci penetra nel cuore e, voce interiore che chiede solo di essere ascoltata, diventa fonte di quel discernimento che quotidianamente siamo chiamati a fare tra vita e morte, bene e male, benedizione e maledizione.
Un Dio, infine, che si è fatto carne perché tutto ciò non rimanesse un semplice pensiero ma si concretizzasse in una vita spesa accanto all’uomo.
Un Dio verso cui non si può andare se non attraverso la via che è suo Figlio Gesù Cristo, uomo, nato da Maria, vissuto tra di noi, morto e risorto nella nostra storia.
Un Dio trinitario, quello che festeggiamo, è quindi un Dio in relazione, un Dio di relazione, e che non chiede “altro” che costruire una relazione con noi, un Dio che non chiede paradossalmente preghiere ma un Dio che desidera amarci ed essere amato. Non nella teoria di un pensiero ma nella paternità, nell’amore, nello spendere e dare la propria vita!