Il pellegrinaggio, la venerazione dei santi, lo scambio delle tradizioni religiose. Ma anche la preoccupazione per la situazione dei cristiani perseguitati in Terra Santa e la collaborazione comune per consentire, con azioni di restauro e ricostruzione, il ripristino dei luoghi di culto e il loro ritorno nelle case. Tra la Chiesa cattolica e la Chiesa russa ortodossa, è molto più quello che unisce che quello che divide. È quanto si sta vivendo, in questi giorni a Roma, all’“incontro di lavoro e di fraternità” tra una delegazione del Patriarcato russo ortodosso e una delegazione della Conferenza episcopale italiana.
A guidare la delegazione russa è il Metropolita Hilarion di Volokolamsk, capo del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. A fare invece “gli onori di casa” alla Cei ci sono il segretario generale, mons. Nunzio Galantino, e il presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, mons. Ambrogio Spreafico. Per l’occasione è stato organizzato un convegno sul tema “Il pellegrinaggio come occasione di scambio teologico, spirituale e culturale” al quale hanno preso la parola esperti, teologi e vescovi di entrambe le delegazioni. Che il pellegrinaggio sia una via preziosa di dialogo tra i popoli e le Chiese lo ha dimostrato lo scorso anno il trasporto per due mesi delle reliquie di san Nicola dalla città di Bari verso la Russia. Un evento che ha attirato l’attenzione e la venerazione di due milioni di credenti, venuti per l’occasione anche dall’Ucraina, dalla Bielorussia, dalla Moldova.
“Un gesto”, che come ha detto lo stesso Patriarca Kirill e ricordato il Metropolita Hilarion, “ha fatto per la riconciliazione tra l’Occidente e l’Oriente molto di più di quanto non abbia mai fatto nessuna diplomazia laica ed ecclesiastica”.
In questi giorni a Roma, sono previste una visita alla Basilica Vaticana e alla Cappella Sistina e alla Basilica di San Paolo fuori le Mura. Poi mercoledì mattina, prima di ripartire per Mosca, le due delegazioni, alle quali si aggiungerà anche il cardinale Gualtiero Bassetti, saranno ricevute in udienza privata da Papa Francesco. La presenza della delegazione russa a Roma contraccambia la visita che una delegazione della Cei fece a Mosca lo scorso anno a febbraio centrata sui temi dell’arte e dello scambio culturale in ambito religioso.
Nel suo saluto alla Cei, il Metropolita ha parlato della “situazione grave dei cristiani in Siria e Iraq. Stanno vivendo – ha detto – una persecuzione senza precedenti. Noi lo chiamiamo genocidio, perché è il segnale evidente della volontà di distruggere la presenza cristiana”. “Hanno distrutto i simboli cristiani, hanno distrutto gli altari, le icone, le Croci”, ha incalzato Hilarion. Il metropolita ha quindi aggiornato i vescovi italiani dell’iniziativa di stilare un catalogo dei siti rovinati e distrutti per favorire i lavori di restauro e di ricostruzione e permettere così ai cristiani di tornare in Siria e Iraq. “Non ci sono dubbi che la diminuzione della presenza cristiana in Medio Oriente sia una vera catastrofe non solo per quella Regione ma per tutto il mondo”, ha detto Hilarion.
“Come Chiesa italiana e Chiesa russa dobbiamo testimoniare davanti ai leader politici la situazione catastrofica del cristianesimo in Medio Oriente per far sì che quei luoghi sacri vengano restituiti e i cristiani possano tornare nelle loro case”.
Anche il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha esortato le Chiese a “dire parole significative che non derivano dalle nostre sensibilità né dai nostri orientamenti, ma che siano realmente espressione del Vangelo che ci invita oggi ad essere come Chiesa lievito in una società che sta vivendo momenti di difficoltà e di tensione”. “Non possiamo starcene al balcone”, ha quindi aggiunto citando Papa Francesco. “Come credenti, come Chiese d’Europa, non possiamo girarci dall’altra parte. Ci sono spazi che dobbiamo imparare ad abitare con responsabilità, con competenza, con discrezione”.
La guarigione del passato. È mons. Ambrogio Spreafico a delineare al Sir il contesto e il significato di questi tre giorni di lavoro e fraternità, sulle orme dei santi Pietro e Paolo a Roma. “Noi siamo di fronte a una storia che ha le sue ferite – spiega – e le ferite si guariscono talvolta con lentezza, sempre con pazienza, e si guariscono soprattutto incontrandosi. L’incontro è il primo modo per superare i pregiudizi e mostrare gli uni agli altri che siamo tutti sulla stessa via, che è la via dell’unità. Nella differenza dobbiamo anche riconoscere la grande ricchezza che ci unisce. Il tema del pellegrinaggio ci unisce profondamente e segna un ulteriore passo nella nostra comune risposta alla preghiera di Gesù per l’unità delle nostre Chiese”.
“Profondamente toccato”. Ed è con questo stato d’animo che il Metropolita Hilarion ha ricevuto il dono che la Conferenza episcopale italiana ha offerto alla delegazione russa: una copia certificata della Sindone di Torino. “Ci sono tante discussioni attorno alla Sindone” ha detto il Metropolita. “C’è chi la considera autentica e chi invece semplicemente un manufatto medioevale. Io la considero autentica. Penso che la Sindone sia il lenzuolo in cui è stato avvolto Cristo, dopo la sua morte in Croce”.