Una vita avventurosa sulle orme del Vangelo e in grande sintonia con Francesco d’Assisi, conosciuto personalmente. Infiniti viaggi in giro per l’Europa, dalla natìa Lisbona fino all’ultima tappa a Padova. E incontri, tanto studio, meditazioni, preghiere, predicazioni (nelle quali era un vero maestro), carità. Sant’Antonio (Lisbona, 1195 – Padova, 1231) è certamente una delle figure più venerate del cattolicesimo. In ogni angolo d’Italia e d’Europa, e in numerose località del mondo, sorgono chiese e santuario dedicati al frate francescano, a lui si elevano suppliche, si raccontano i suoi miracoli… È riconosciuto come protettore dei poveri, degli oppressi, delle donne incinte, dei prigionieri, dei viaggiatori e dei naufraghi, e così pure degli animali. La ricorrenza del 13 giugno è ulteriore occasione per rivolgere preghiere e richieste di aiuto al “giglio candido” (uno dei suoi innumerevoli simboli).
In occasione della festa di domani, l’editore Terre di Mezzo, in collaborazione con le edizioni Messaggero, presentano una pubblicazione speciale, la “Guida al cammino di Sant’Antonio. 430 chilometri da Padova a La Verna”. Si tratta di un vero e proprio percorso, che nella sua intera proposta si snoda in 23 giorni di cammino, alla scoperta della spiritualità e della vita di Antonio, partendo dal santuario di Camposampiero, per giungere alla basilica di Padova, e poi avanti, attraverso gli Appennini, fino al santuario di La Verna, dove si incontrano i “cammini francescani”. Un itinerario, spiegano i co-editori, “che unisce alcune tra le più belle città del Veneto e dell’Emilia-Romagna (Rovigo, Ferrara, Bologna…) a luoghi di raccoglimento e di pace, come gli eremi di Montepaolo e di Camaldoli, immersi nei paesaggi straordinari dei Colli Euganei, dei Gessi bolognesi e delle Foreste casentinesi”. Si tratta di un’opera collettiva, realizzata nel corso degli anni – mappando luogo per luogo – da frati e tanti volontari che, nelle parole di fra Giovanni Voltan, provinciale “pro tempore” dei frati minori conventuali, “unisce due passioni. La prima è quella per l’essere pellegrini, con lo zaino leggero dell’essenziale, attratti da una meta che fa muovere le gambe e battere il cuore”. L’altra è lo stesso sant’Antonio, “uno dei primi discepoli di san Francesco e, come lui, pellegrino. Nella bisaccia un tozzo di pane e il Vangelo da predicare, l’ansia di raggiungere città, borghi e persone sconosciute, per far fiorire il miracolo della fede, della fraternità e della pace”. La guida dedica ad ogni giorno “uno spunto per la riflessione personale con una selezione di testi del santo e gli episodi più significativi della sua vita: per scoprire nel cammino l’occasione per una ricerca interiore”. Non mancano tutte le informazioni, le cartine dettagliate, le altimetrie, la descrizione del percorso, i luoghi da visitare e quelli in cui dormire. A fra Fabio Scarsato, minore conventuale, direttore editoriale delle Edizioni Messaggero Padova, poniamo alcune domande alla vigilia del 13 giugno.
Ci può spiegare sinteticamente quali sono oggi i contorni e le peculiarità della devozione per sant’Antonio da Padova?
Credo che la devozione di tantissime persone che ancora trovano in Antonio un punto di riferimento si possa definire una specie di miracolo, perché è stata capace di evolversi nel tempo: si è passati da una devozione basata solo sui miracoli a una in cuile persone vedono in Antonio uno stile di vita, l’idea che è possibile per ciascuno di noi trovare la via per una santità quotidiana[il pensiero corre subito alla “Gaudete et exsultate” di Papa Francesco, ndr]. Un’altra cosa che mi colpisce, e che può sembrare paradossale, è che Antonio è stato un raffinato esegeta e un grande teologo ma il suo pubblico di riferimento, chiamiamolo così, è sempre stato e ancora oggi è formato soprattutto da gente semplice.
Qual è la “geografia” di questa devozione? Padova è certamente il centro nevralgico ma poi ci sono altri luoghi…
Sì, ci sono molti altri luoghi legati alla figura di Antonio: a partire da Lisbona, dove è nato, o Coimbra, sempre in Portogallo, dove si fece monaco agostiniano; ma c’è anche un santuario in Francia o quello di Camposampiero vicino a Padova. La cosa però impressionante, e lo dico per esperienza diretta, è che al di là di questi luoghi storici è difficile trovare in giro per il mondo una chiesa dove non ci sia una statua, un ex-voto o comunque un’immagine di Antonio o qualche tradizione a lui legata, ad esempio con riferimento alla carità e al famoso “pane di sant’Antonio”.
Per la sua biografia, Antonio è stato un vero “santo europeo”: che cosa dice oggi a un Vecchio continente un po’ smarrito?
Sembrerebbe quasi troppo facile o retorico fare delle attualizzazioni. Però è così, è inutile negarlo. Antonio ci racconta un’Europa che sicuramente aveva dei confini diversi dai nostri, ma era un continente che poteva essere “camminata” da una parte all’altra e che si mescolava.Antonio parte dal Portogallo, arriva in Italia, poi passa un periodo in Francia… Era un’Europa in cui, per certi versi, dovunque ti trovassi ti sentivi a casa, ti sentivi cittadino.Sentivi che c’era uno spazio per te. Antonio ad esempio ha portato in Italia un’importante cultura teologica e ha arricchito il francescanesimo. È in questo mescolamento delle carte che per certi versi tutti ne guadagnano e tutti possono fare dei passi avanti. Mi sembra questa l’idea bella di cittadinanza europea che Antonio ci dona. Poi c’è un episodio molto significativo.
Quale?
Il naufragio di Antonio sulle coste della Sicilia di ritorno dal Marocco. È un fatto che ha contorni storici non precisissimi ma non ci sono dubbi che sia accaduto, ed è un fatto che ha un’attualità fortissima.Antonio a un certo punto della sua vita è un naufrago, ma vive l’esperienza dell’accoglienza dei suoi confratelli.A me piace l’idea che si possa anche naufragare da qualche parte dove non conosci personalmente nessuno ma sai che ci sarà qualcuno che ti accoglierà. E oggi questa esperienza è sempre più rara.