“Abbiamo bisogno di azioni concrete. Abbiamo bisogno che tutte le persone che nel mondo hanno a cuore la giustizia e la pace, agiscano. Chiedo a voi di immaginarvi l’entità del dolore che stiamo vivendo e mettere fine alle sofferenze delle minoranze in Iraq e Siria”. Con questo grido del popolo yazida si è aperto questa mattina il convegno sulla libertà religiosa promosso dall’Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede in partnership con Aiuto alla Chiesa che soffre e Comunità di Sant’Egidio nella sede della Pontificia Università Santa Croce. A farsi portavoce del popolo yazida è stata una giovane ragazza Salwa Khalaf Rasho che da tre anni vive in Germania ma che nel 2014 è stata rapita da membri del cosiddetto Stato Islamico e tenuta in ostaggio per 8 mesi. Con lei sono state rapite 6mila donne e bambini yazidi. Come lei hanno subito abusi fisici e sessuali. Picchiati e torturati. Salwa ha avuto la fortuna di poter fuggire ma in Iraq ci sono ancora 3mila donne e bambini abbandonati a “un destino ignoto”. “La situazione purtroppo sta peggiorando “, ha testimoniato la ragazza che ha chiesto una serie di interventi: ricostruzione dei territori distrutti dalla guerra ed eliminazione in loco delle mine e di ogni residuato bellico; accertarsi del destino dei 3mila yazidi rimasti in Iraq; verificare le 60 fosse comuni presenti nella regione yazida per avere le prove e quindi avviare sotto l’egida dell’Onu un’indagine internazionale; assicurare protezione alle minoranze.
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