“La voce dei giovani è richiamo agli adulti ad una testimonianza di coerenza e responsabilità attraverso l’assunzione dei valori che rappresentano il fondamento dell’esistenza. I giovani chiedono di non essere più relegati nell’alveo di una giovinezza prolungata e forzata (disoccupazione, lavoro precario, saltuario, instabile e spesso ai limiti della legalità) che impedisce il passaggio alla vita adulta: diritto inalienabile di ogni giovane, di tutti i giovani”. Lo ha affermato questa mattina mons. Domenico Battaglia, vescovo di Cerreto Sannita-Telese-S. Agata de’ Goti, nel suo intervento alla 68ª Settimana di aggiornamento pastorale promossa dal Centro di orientamento pastorale che si conclude oggi ad Assisi. Facendo riferimento alla sua esperienza personale a contatto con diversi giovani, in particolare con quelli che hanno trovato “rifugio” nella droga, mons. Battaglia ha riconosciuto che questa condivisione “ha formato il mio sguardo e risvegliato la mia coscienza aiutandone la libera responsabilità in termini di un accompagnamento concreto e di una sensibilità a cogliere la realtà del discernimento nella sua complessità”.
“Il tipo di ascolto che viene da queste profonde fragilità – ha spiegato – costringe a mettersi l’uno davanti all’altro con la propria storia, la propria condizione, la diversità di strumenti e di formazione. Solo in questa reciprocità è possibile vedere, capire e decidere, ossia cogliere l’importanza e le dimensioni del discernimento”. Per il vescovo “lo sguardo costante alla qualità delle nostre relazioni e alle vie concrete di prossimità dovrebbe aiutarci a cogliere i disagi reali e non evidenti di chi ci è vicino, dei giovani che ci sono vicini. Questa diventa la via per sognare di camminare insieme anche a quelli più lontani, attraverso una mediazione possibile dei giovani ai giovani”.
“Ditemi voi se non sono i giovani il volto missionario della nostra Chiesa!”, ha esclamato mons. Battaglia, convinto che “la Chiesa, oggi più che mai, abbia tante cose da dire ai giovani e i giovani abbiano tantissime cose da dire alla Chiesa. Solo in questo reciproco ascolto e dialogo sarà possibile un discernimento chiaro nel quale scoprire la novità e la bellezza della vita come vocazione”.
Il vescovo si è poi soffermato a lungo sul “discernere” che “con i giovani significa ‘perdere il tempo’ cioè consegnarsi totalmente all’interiorità dei giovani, farsi prossimi nella capacità di tenere senza trattenere”. “Lo stile del discernimento è lo stile essenziale di una Chiesa in uscita”, ha ammonito, aggiungendo che “la Chiesa oggi si trova a dover riconoscere l’esigenza della cura del discernimento come chiamata”.
“I giovani – ha ribadito – sono una grande risorsa, pur vivendo mille fatiche: siamo chiamati a stare loro accanto, con umiltà, incoraggiandoli, accogliendo le loro istanze, accompagnandoli con credibilità”, insomma ad “esserci!”. Per “camminare insieme, osare insieme, alla sequela del Cristo. Sul passo degli ultimi”. “Scommettere sui giovani significa credere nell’inedito di un Dio che non invecchia mai”, ha concluso.
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